Foggia, la lotta alla mafia nel volume di Mario Della Cioppa “L’Ultimo Avamposto”

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“Scrivere questo libro non è solo un esercizio di memoria storica, ma un atto di responsabilità verso le future generazioni, compresi i professionisti della sicurezza pubblica e delle istituzioni”. Ne è convinto Mario Della Cioppa, questore di Foggia ai tempi del biennio di fuoco e di sangue iniziato con la strage di San Marco e proseguito con l’azione, incisiva e pervasiva, della cosiddetta ‘Squadra Stato’.

Una stagione – o più precisamente 678 “difficili” giorni – raccontati nel volume “L’Ultimo Avamposto – La vera storia di coraggio e dedizione” edito da Youcanprint e firmato dallo stesso Della Cioppa.

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In poco più di 250 pagine, il volume racconta la storia di coraggio e dedizione di uomini e donne che, nel biennio 2017/2019, ha prodotto un “intervento di sistema” nella provincia di Foggia con cui sono stati decapitati i clan mafiosi che imperavano nella Capitanata, protagonisti di una lunga spirale di violenza ed omicidi. La storia narra esperienze personali per offrire una testimonianza del servizio reso a favore di una collettività che rimane l’unico e vero giudice di quanto fatto, risaltando l’impegno quotidiano profuso nell’azione di contrasto alla criminalità ma anche le modalità attraverso cui si è riusciti a creare sinergie fra i vari organismi dello Stato, spesso coinvolti in ruoli diversi ma complementari nella lotta contro il crimine.

Spiegare le sfaccettature di questo impegno, anche attraverso la rappresentazione dei sacrifici personali e professionali, aiuta a trasmettere un messaggio più ampio: quello che la legalità e il rispetto delle regole non possono essere considerati solo un compito delle forze dell’ordine o dello Stato ma devono coinvolgere l’intera collettività. Lo stesso rispetto che la politica nazionale e quella locale ed i politici devono dimostrare ogni giorno a chi ha chiesto loro di occuparsi della cosa pubblica, senza esitazioni, scorciatoie, personalismi e, soprattutto, con onestà e serietà che devono costituire sempre il valore fondante del loro altissimo servizio. Ne abbiamo parlato con l’autore e ‘ideatore’ del modello operativo, già questore e prefetto Mario Della Cioppa.

“L’Ultimo Avamposto – La vera storia di coraggio e dedizione” ripercorre le tappe principali di un ‘biennio cruciale’ per il territorio di Foggia. Un racconto diretto, diremmo dal campo. Qual è stata l’urgenza, la molla che l’ha spinta a mettere nero su bianco la cronaca di quei 678 “difficili” giorni?

La molla che mi ha spinto a scrivere “L’Ultimo Avamposto – La vera storia di coraggio e dedizione” è stato il forte desiderio di dedica a Foggia e la sua provincia nella quale abbiamo operato in quegli anni, anche nel tentativo di richiamare ancora l’attenzione dello Stato a non lasciare mai sole le Istituzioni locali.

In quegli anni, in particolare nel corso del 2017, i massimi vertici politici e tecnici avevano pienamente compreso le diverse necessità del territorio, manifestando un forte impegno per affrontarle. Tuttavia, molti hanno la sensazione che, con il passare del tempo, questa consapevolezza stia cedendo gradualmente il passo a un ritorno alla “normalità”, segnando un progressivo distacco.

Questa constatazione spero sia da stimolo per garantire un rinnovato e costante impegno nella Capitanata, così come in tutte le altre aree particolari del territorio nazionale che sono in grande sofferenza. Ecco allora il senso della dedica a Foggia ed alla sua provincia ad inizio del libro. È fondamentale che la “politica” non lasci mai soli gli uomini e le donne delle Istituzioni che vi operano e la Magistratura, sostenendoli concretamente nel loro delicato e prezioso servizio. La politica non deve rimanere “distratta” da problematiche di vario genere ma secondarie rispetto a temi della sicurezza così importanti per centinaia di migliaia di persone.

La decisione finale che mi ha poi convinto di scriverlo, spazzando ogni dubbio sulla bontà di doverlo fare, venne da un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 18 agosto 2024, in cui veniva evidenziato  in termini fortemente critici lo stato di degrado e insicurezza in cui versava il quartiere Ferrovia, che tutti ben conoscete.

In quell’articolo veniva ricordato positivamente l’intervento di sistema che la Questura fece in quei due anni con la Prefettura, i carabinieri, la guardia di finanza e la polizia locale, ma anche con articolazioni del Comune per restituire dignità a quel Quartiere che, effettivamente, tornò ad essere decoroso.

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Ecco, quindi, diciamo che il libro è dedicato anche ai cittadini di quel Quartiere dove narriamo ciò che si fece.

In quell’agosto di fuoco (e di sangue) accade che gli occhi di tutto il Paese sono (finalmente) sul Foggiano. Nasce la Squadra Stato: cosa cambia da quel momento?

La criminalità foggiana non è una criminalità di “secondo livello” rispetto alle altre.

Era e tuttora è, anche se è stata nel frattempo colpita fortemente, in grado di svilupparsi e consolidarsi indipendentemente da altre ed è in grado di competere con le mafie più tradizionali. 

Non ci sarebbero dubbi nel riconoscere che la criminalità organizzata di Foggia, quella del Gargano, quella dei cosiddetti Montanari, dell’area viestana, di San Severo e di Cerignola, rappresentano vaste articolazioni mafiose autonome, indipendenti fra loro. 

Spiego ed illustro dettagliatamente nel libro questi aspetti.

Ma in quell’agosto del 2017, quelle mafie alzano il tiro in una maniera tragica e quasi eversiva, mettendo in atto un quadruplo omicidio in cui rimangono uccisi anche due innocenti e bravissime persone, onesti lavoratori, gettando nello sconforto intere famiglie e comunità: la “strage di San Marco in Lamis”, come da tutti tragicamente conosciuta.

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Quello fu il clamoroso errore di quella criminalità organizzata, il tipo di sbaglio che spesso segna l’inizio della fine per ogni forma di malvagità umana.

Perchè lo Stato scese in campo, “finalmente”, con estrema determinazione, come mai prima, grazie ad un Ministro dell’Interno pienamente consapevole ed un Capo della Polizia illuminato che mandano a Foggia i migliori rappresentanti delle forze di polizia, quelli con cui ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare fianco a fianco, ma soprattutto sostenendo loro e la Magistratura, che, spesso, aveva invocato maggiori risorse ed impegno.

Nacque quella che viene definita la “Squadra Stato”, quella che nel biennio 2017/2019 si rende protagonista della riscossa di quella provincia e del grande intervento di sistema che ha prodotto risultati straordinari nella lotta a quelle Criminalità organizzate, gettando anche i semi perchè tali azioni potessero proseguire in futuro.

E cambia anche il modo di reagire dei foggiani, almeno in quegli anni, nei riguardi dei soprusi che quelle mafie perpetravano, grazie anche ad una mobilitazione sociale che culminò con la grande manifestazione nazionale di Libera nel marzo del 2018, che scosse le coscienze portando oltre 20000 persone in corteo.

Ecco, tutto questo non deve essere disperso ma occorre sia continuamente alimentato nel tempo se si vuole davvero arrivare al risultato finale che in quel biennio riuscimmo ad ottenere in maniera evidente. Anche questi aspetti sono trattati nel libro come esortazione affinchè ciò avvenga.

Qual è stato, a livello professionale e a livello umano, il momento più difficile di quel periodo?

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Fatta eccezione del malvagio e tragico fatto di sangue che vide coinvolti innocenti, che proprio per la tragicità dell’evento in se per se, consegnò giornate di incredibile intensità emotiva, non ricordo momenti più difficili di altri perché Io e i miei colleghi della questura, dei carabinieri, della guardia di finanza, con il prefetto e i procuratori di Foggia e Bari, abbiamo vissuto in maniera pienissima ogni giorno dei 678 che abbiamo vissuto insieme in quel biennio, in maniera così totalizzante da essere sempre pienamente concentrati in ciò che facevamo, determinati a raggiunger i risultati per cui eravamo stati mandati a Foggia, per dare un segnale forte della presenza dello Stato in quella realtà.

Non sta a noi dover dire di esserci riusciti ma a voi ed alla collettività. Posso dire che noi ce l’abbiamo messa tutta e siamo stati soddisfatti per aver avuto la possibilità di servire le Istituzioni per quella terra.

C’è una frase, una immagine o un momento che l’ha segnata particolarmente o che porterà sempre con sé?

Ce ne sono tanti. Soprattutto legati ad episodi riferiti a comportamenti estremamente coraggiosi, di dedizione e di impegno dei poliziotti foggiani che ho avuto l’onore di dirigere, agli investigatori che sono stati aggregati su mia richiesta nelle squadre investigative con cui abbiamo infarcito la provincia, ai miei più diretti e vicini compagni di avventura come il prefetto Massimo Mariani ed il colonnello dei carabinieri Marco Aquilio, oltre che con colui che allora era il mio vicario ed oggi è il nuovo questore di Foggia, Alfredo D’Agostino, al quale formulo ogni augurio ed in bocca al lupo, lui che è stato protagonista di quel biennio e che sarà certamente in grado di rilanciarne metodologie e risultati.

L’immagine del loro impegno, pari se non superiore a quello che ho messo io, mi ha così colpito e lasciato il segno che ho ritenuto di farne ispirazione in ciò che scrivo nel libro. Il loro comportamento, altamente valoroso e dedito, è stato così straordinario da far sembrare il libro che ho scritto quasi romanzato ma in realtà tutto il suo contenuto racconta solo storie vere e realmente accadute.

Il modello operativo testato su Foggia ha prodotto, a suo avviso, i frutti attesi? E’ stato, in qualche modo, traslato su altri territori, o ritiene vada fatto al più presto?

Secondo la mia opinione, per esserne stato l’ideatore, è stato un modello operativo efficace, capace di valorizzare appieno il ruolo di ogni singolo Ente coinvolto, nell’ambito di un intervento di sistema integrato e complessivo, che fin da allora ritenni necessario per una provincia come quella di Foggia, ed, in questo senso, appare assolutamente mutuabile per ogni tipo di realtà che presenta analoghe complessità.

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Per esempio, replicai questo tipo di intervento, sia pur non in forma così ampia e penetrante, nella mia successiva esperienza quale Questore di Catania sia pur con dei necessari adattamenti per renderlo più coerente con la grandezza di quella città metropolitana, ben più estesa di Foggia.

Ma il giudizio finale sulla efficacia lo lascio agli altri.

Guardando indietro, è evidente come l’approccio innovativo e il coordinamento tra le forze dell’ordine e le istituzioni locali abbiano costituito un pilastro fondamentale per il successo di quell’esperienza. 

Ciò ha reso possibile un ripristino dell’ordine pubblico che non si limitava a garantire la sicurezza immediata ma ha gettato le basi per una rinascita sociale e civile che, tuttavia, va sempre e costantemente alimentata.

Scrivere allora il libro, in cui sono celebrati gesti e comportamenti di immenso valore umano, posti in essere da persone di grande spessore,  significa anche dare testimonianza di quel modello, affinché possa essere valutato e, eventualmente, replicato, con gli opportuni adattamenti alle trasformazioni sociali avvenute negli anni successivi al 2019, momento in cui quella specifica “Squadra Stato” cessò di esistere.

Raccontare quell’esperienza, umana e professionale, attraverso il mio libro “L’Ultimo Avamposto, Storia di coraggio e dedizione” non è solo un esercizio di memoria storica ma un atto di responsabilità verso le future generazioni, compresi i professionisti della sicurezza pubblica e delle Istituzioni.

Se oggi quel modello può ancora ispirare interventi futuri è perché ha dimostrato come una gestione integrata della sicurezza pubblica possa creare non solo ordine ma anche una rinascita della fiducia e della partecipazione attiva dei cittadini.

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Il libro, quindi, diventa uno strumento di riflessione, un’opportunità per analizzare quanto è stato fatto e quanto ancora si può fare, considerando le sfide attuali e le esigenze di una società in costante mutamento.

Ed è proprio per questo che il rispetto della legge deve essere considerato un impegno corale, in cui Stato e cittadini agiscono insieme per il bene comune.

Seppure a distanza, ha continuato a seguire gli sviluppi (operativi, sociali, processuali…) dei semi gettati per il territorio di Capitanata in quel periodo? Che idea si è fatto al riguardo?

Foggia mi è rimasta nel cuore per tutti i motivi che sopra ho elencato ma soprattutto per la straordinaria esperienza umana e professionale ricevuta, a motivo del quale ho sempre avuto uno sguardo vigile sulla provincia anche successivamente sia quando ho svolto le funzioni di Questore di Catania che ancora dopo da Questore di Roma.

E mi sono occupato recentemente ancora di essa indirettamente allorquando nella provincia dove, da ultimo, ho svolto le funzioni di Prefetto, cioè Chieti, il mio ufficio ha adottato numerose interdittive antimafia nei riguardi di soggetti collegati alla delinquenza foggiana.

Più che farmi una idea, nutro una speranza, quella che non vi sia un lento disimpegno dello Stato nel suo complesso verso una provincia che merita ancora la massima attenzione.

Intendo che gli organi centrali politici e i vertici ministeriali non devono assolutamente   essere mai distratti sulla tematica Foggia e continuare ad investire, così come si fece in quegli anni, quando il Ministro Minniti ed il Capo della Polizia Gabrielli sostennero le Istituzioni e le Forze di Polizia locali con ogni energia ed impegno. Se così non sarà, poco potranno le Forze di Polizia e le Istituzioni locali benchè esse siano motivate, preparate e determinate.

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In apertura del suo libro, cita il saggista Peter Drucker: “Gli eroi sono fatti dal cammino che intraprendono e non dal loro potenziale”. Una incitazione, per tutti nessuno escluso, a fare la propria la parte per una nuova narrazione possibile?

L’obiettivo principale del libro è quello di raccontare non solo l’impegno quotidiano che è stato profuso in quegli anni nell’azione di contrasto alla criminalità ma anche le modalità attraverso cui si è riusciti a creare sinergie fra i vari organismi dello Stato, spesso coinvolti in ruoli diversi ma complementari nella lotta contro il crimine.

Spiegare le sfaccettature di questo lavoro, anche attraverso la rappresentazione dei sacrifici personali e professionali, aiuta a trasmettere un messaggio più ampio: quello che la legalità e il rispetto delle regole non possono essere considerati solo un compito delle forze dell’ordine o dello Stato ma devono coinvolgere l’intera collettività.

Ed è proprio per questo che il rispetto della legge deve essere considerato un impegno corale, in cui Stato e cittadini agiscono insieme per il bene comune.

Lo stesso rispetto che la politica ed i politici devono dimostrare ogni giorno a chi ha chiesto loro di occuparsi della cosa pubblica, senza esitazioni, scorciatoie, personalismi e, soprattutto, con onestà e serietà che devono costituire sempre il valore fondante del loro altissimo servizio.



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