Frode dell’olio a polizia ed esercito. La Ladisa sotto inchiesta a Milano: cinque indagati

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di
Nicolò Delvecchio

Prodotto tedesco al posto dell’extravergine italiano, scoperta fornitura con la doppia etichetta. Il pm: etichette sovrapposte, meccanismo rodato

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L’olio finito sulle tavole delle mense milanesi di polizia ed esercito non sarebbe stato quello per cui Ladisa, colosso barese del settore della ristorazione, aveva vinto l’appalto di fornitura. E anzi, sulle stesse bottiglie su cui era attaccata una etichetta in tedesco con la scritta «Penny», ne sarebbe stata sovrapposta un’altra (in italiano) con il marchio «Sapio», per indicare un olio extravergine di oliva originario dell’Unione Europea o 100% biologico italiano estratto a freddo.
Il prodotto, però, sarebbe stato «del tutto diverso», così come diversa sarebbero state le date di scadenza riportate sulle due etichette. Per questo, i magistrati della Procura della Repubblica di Milano hanno aperto un’inchiesta per frode in pubbliche forniture e falso che vede coinvolti – a vario titolo – cinque dirigenti di Ladisa e due della srl Compagnia Olearia italiana, produttrice del marchio «Sapio». 
Gli accertamenti voluti dalla pm Grazia Colacicco, in modo particolare, riguardano (per Ladisa) Sebastiano Ladisa, amministratore di fatto e socio della srl, il presidente del cda Antonio Buccoliero, il responsabile di attuazione del contratto per l’appalto del servizio mensa nelle strutture della polizia di stato nelle regioni del nord-ovest Leonardo De Giosa, il capoarea per la Lombardia Corrado Imparato e il consigliere delegato Emanuele Mastropasqua. Per la Compagnia Olearia Italiana, invece, sono indagati il direttore vendite e amministratore di fatto Alessandro Agrò e il presidente del cda Angelo Angelastri.

Secondo quanto stabilito dall’appalto, infatti, Ladisa avrebbe dovuto fornire olio extravergine di oliva, anche di origine Ue, da agricoltura biologica «per almeno il 60%» alla polizia di stato, e olio «ottenuto esclusivamente da olive nazionali di qualsiasi cultivar» per almeno il 40% da coltivazione biologica per le forze armate. Ma, questa è la tesi della Procura milanese, l’olio effettivamente fornito sarebbe stato molto diverso. Le indagini hanno portato, a inizio dicembre, a perquisizioni e sequestri nelle due aziende, e per la Procura avrebbero rivelato un «meccanismo fraudolento collaudato – si legge nel decreto di perquisizione e sequestro – in forza del quale, in modo del tutto consapevole e preordinato, ad onta delle precise indicazioni in ordine alla tipologia di fornitura per le mense della polizia di stato e delle forze armate predisposte nel contratto di appalto, viene consegnato olio del tutto diverso per qualità, all’evidente fine di conseguire un risparmio di spesa».




















































La Procura è dunque convinta che «alle bottiglie di olio già consegnate» sarebbe stata apposta «una seconda etichetta che, per un verso, recava la reale origine dell’olio, frutto di una miscela di oli e non già olio Evo da agricoltura biologica». Per un altro verso, ritiene sempre l’accusa, la seconda etichetta avrebbe indicato «una diversa data di scadenza, peraltro successiva a quella originaria». Solo ad Agrò e Angelastri è contestato il falso in concorso per aver indicato «di aver provveduto ad effettuare lo “svuotamento di olio confezionato” con riferimento alle bottiglie dei lotti Penny e di aver provveduto al “confezionamento con etichettatura” dell’olio Sapio».
Perquisizioni e sequestri, dunque, sono stati disposti per ottenere la documentazione contabile ed extra contabile «attestante l’acquisto, la gestione e la successiva distribuzione – si legge nel decreto – presso i Ce.Di. e le mense della Ladisa dell’olio di oliva a marchio Sapio, risultato non conforme ai capitolati d’appalto» in vigore con i ministeri dell’Interno e della Difesa. Ma gli inquirenti hanno anche sequestrato cellulari e altri dispositivi per ricavare «chat, messaggi via mail, ecc. tra gli indagati e terzi, con particolare riferimento ad eventuali accordi tra la società Ladisa srl e la società Compagnia Olearia Italiana srl, circa la somministrazione dell’olio di oliva a marchio Sapio risultato non conforme». 
Nei giorni scorsi, il Corriere aveva chiesto chiarimenti alla Ladisa in merito alle perquisizioni avvenute in azienda, senza però ottenere risposte.

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