Trump nuovo Presidente degli Stati Uniti: la reazione della Cina alla rielezione

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Il 5 novembre Donald Trump ha ufficialmente (ri)vinto la corsa alla Casa Bianca, affermandosi così come il 47° Presidente degli Stati Uniti d’America. La sua rielezione, come è facile aspettarsi, ha suscitato non poche reazioni internazionali, in positivo quanto in negativo. E la Cina? Così come nel resto del mondo, anche le reazioni di Pechino, per quanto moderate, sono risultate differenti.

L’elezione di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti (anche US) per un secondo mandato ha suscitato reazioni variegate nella Repubblica Popolare Cinese (anche RPC e Cina), riflettendo la complessità delle relazioni bilaterali tra le due potenze. Il ritorno di Trump ha generato preoccupazioni, speranze e un’attenzione particolare da parte dei media, dei funzionari governativi e degli esperti cinesi.

Preoccupazioni economiche: Uno degli aspetti più discussi è stato l’impatto delle politiche economiche di Trump sulle relazioni commerciali tra US e RPC. Trump ha mantenuto una linea dura nei confronti della Cina durante il suo primo mandato, introducendo tariffe elevate e limitazioni alle esportazioni tecnologiche. Secondo «China Briefing», molti analisti cinesi temono che un secondo mandato possa intensificare ulteriormente il decoupling economico tra le due nazioni, costringendo Pechino a rafforzare l’autosufficienza tecnologica e a diversificare i propri mercati di esportazione.

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Fin dalla prima carica di Trump (2017-2021), il commercio è stata una delle questioni più critiche nell’agenda politica cinese degli Stati Uniti e le imposizioni del Presidente statunitense nella guerra commerciale con la RPC nel 2018 non solo sono state mantenute, ma sono anche aumentate con l’introduzione di nuovi dazi dal Presidente Biden durante il mandato successivo.

Nella campagna odierna, Trump ha proposto tariffe di base universali sulla maggior parte dei beni esteri importati (politica che non prende di mira esplicitamente Pechino, ma che infliggerebbe un duro colpo agli esportatori cinesi) e ha promesso di porre fine alla dipendenza dalla Cina, per esempio revocandole lo status di “Nazione più favorita”, permettendo agli Stati Uniti di sottoporre Pechino a ogni tipo di tariffa commerciale discriminatoria e unilaterale. Non è ancora chiaro se Trump sia serio o meno nelle sue intenzioni, ma la sua proposta ha ricevuto il supporto di organismi bipartisan come la Commissione speciale della Camera degli Stati Uniti sul Partito Comunista Cinese.

Inoltre, Bloomberg evidenzia come le nuove tariffe promesse da Trump potrebbero colpire settori chiave per l’export cinese, aggravando le difficoltà economiche interne. Questo approccio ha spinto il governo della RPC a rivedere le sue strategie, rafforzando partnership commerciali con altri paesi dell’Asia e intensificando gli investimenti nella Belt and Road (iniziativa strategica cinese anche nota come la “Nuova via della seta”, lanciata dal Presidente cinese Xi Jinping nel 2013 che consiste nel miglioramento dei collegamenti commerciali cinesi, via mare e via terra, con i paesi dell’Eurasia).

Opinioni divergenti sui media cinesi: I media di Stato cinesi hanno adottato toni ambivalenti riguardo alla rielezione di Trump. Da una parte, si sottolineano le sfide poste dalle sue politiche aggressive; dall’altra, alcuni commentatori ritengono che la retorica e le azioni di Trump possano creare opportunità per Pechino di rafforzare la propria leadership globale. Ad esempio, Xinhua ha evidenziato come le divisioni interne agli Stati Uniti possano indebolire la loro posizione internazionale, offrendo alla Cina un margine di manovra maggiore in ambiti come il commercio globale e la governance climatica.

D’altro canto, fonti indipendenti come il «The Diplomat» hanno osservato che i media cinesi più liberali tendono a enfatizzare i rischi di un secondo mandato di Trump per la stabilità economica globale. Questa diversità di opinioni riflette la complessità della percezione cinese verso la politica statunitense, con una chiara distinzione tra narrative ufficiali e analisi più critiche.

L’approccio della leadership cinese: La leadership cinese, guidata dal Presidente Xi, ha mantenuto una posizione prudente ma strategica. Secondo il «The Diplomat», i funzionari cinesi vedono la rielezione di Trump come un’opportunità per consolidare le relazioni con altri partner internazionali e ridurre la dipendenza dagli US. Tuttavia, rimane alta l’attenzione sui rischi di un’escalation nelle tensioni commerciali e militari. Un’analisi della Heinrich-Böll-Stiftung evidenzia come Pechino stia rispondendo in modo più assertivo alle provocazioni americane. Questo approccio include una maggiore cooperazione con alleati tradizionali (come la Russia) e il rafforzamento di legami economici con l’Unione Europea, nonostante le tensioni latenti su alcune questioni commerciali.

Implicazioni geopolitiche: Dal punto di vista geopolitico, la rielezione di Trump solleva interrogativi sulle dinamiche di potere in Asia. La sua ben nota politica «America First» potrebbe tradursi in una minore presenza statunitense nella regione, offrendo alla Cina l’opportunità di rafforzare la propria influenza attraverso iniziative come la Belt and Road Initiative. Tuttavia, l’imprevedibilità delle decisioni di Trump preoccupa Pechino, soprattutto in relazione a Taiwan e al Mar Cinese Meridionale. D’altra parte, la RPC potrebbe sfruttare questa rielezione per consolidare la propria posizione nei forum internazionali, spingendo per una governance globale più multipolare. Tuttavia, la possibilità di scontri militari accidentali nel Mar Cinese Meridionale rimane una preoccupazione primaria per entrambi i paesi.

Opinione pubblica e accademica: Un altro aspetto è rappresentato dall’opinione pubblica cinese. Secondo il «The Conversation», la percezione di Trump è polarizzata: alcuni lo considerano un leader forte, capace di affrontare la Cina in modo diretto, mentre altri temono che le sue politiche possano portare a instabilità globale. Nel frattempo, gli accademici cinesi sottolineano la necessità di una risposta calibrata, che salvaguardi gli interessi nazionali senza esacerbare le tensioni. I cinesi, secondo un’analisi del Lowy Institute, tendono a vedere Trump come una figura controversa, ma meno pericolosa rispetto alla possibilità di un’amministrazione democratica più coesa e strutturata. Questa visione riflette una combinazione di pragmatismo e cinismo nelle generazioni più giovani, abituate a confrontarsi con un contesto internazionale sempre più competitivo.

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Conclusioni: In conclusione, la rielezione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti rappresenta una sfida complessa per la RPC. Mentre alcune politiche potrebbero favorire l’ascesa di Pechino come leader globale, altre rischiano di aggravare le tensioni esistenti. La reazione cinese è, dunque, una miscela di cautela strategica e adattamento pragmatico, in linea con l’approccio tradizionale di Pechino alle relazioni internazionali. Inoltre, la capacità della Cina di navigare in questo contesto dipenderà dalla sua abilità di rafforzare le alleanze globali e gestire le tensioni bilaterali con equilibrio e determinazione. C’è però da sottolineare che, come osservato da uno dei massimi esperti di Cina italiani, Simone Pieranni, la seconda elezione di Trump potrebbe non essere vista in maniera così tanto negativa dalla RPC: “I cinesi in genere preferiscono muoversi su un terreno conosciuto e con Trump ci si muoverà presumibilmente sul terreno dell’economia: lui metterà dei dazi, la Cina risponderà con altri dazi, e la faccenda si fermerà lì, senza ‘lezioni’ sulla superiorità del sistema democratico americano rispetto a quello cinese. Trump di sicuro non gli andrà a fare questi discorsi…”.



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