Caro rientri nelle festività, il costo dell’emigrazione

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Caro rientri, biglietti ferroviari e ticket di aerei low cost hanno fatto registrare rincari enormi negli ultimi anni


Asia De Matteis, di Casarano (Lecce), studia a Pavia e alla domanda cosa serve per avere dei prezzi accessibili per tornare a casa per le feste ha dato la seguente risposta: «Serve un tetto nazionale ai prezzi per tutte le categorie di fuorisede, sia studenti che lavoratori. E agevolazioni per i rientri a casa. Almeno a Natale…».
Chiaramente il tema viene affrontato con un’ottica che guarda all’ultimo step. Quello relativo al pagamento del biglietto nei momenti di maggiore tensione dei prezzi, quando tutti vogliono tornare a casa per passare le feste con i propri cari. Così ragiona la studentessa dimenticando le ragioni profonde del fenomeno. Il tema è infatti di quelli che ha una risposta a breve e una a lungo termine.
Oggi per consentire di riunire famiglie separate da esigenze diverse non vi è altra soluzione che assistere coloro che hanno l’esigenza di raggiungere le destinazioni di origine, caricando il costo sulla fiscalità generale. E questo lo si fa con metodi diversi. Uno può essere il treno speciale della speranza, organizzato dalla Regione Siciliana, con ricchi premi e cotillon, con un convoglio che partirà da Torino e scenderà fino a Messina passando per Milano, Bologna e Firenze, Roma, Salerno.
Considerato che ci vogliono oltre duecentocinquanta euro per andare da Milano a Messina in treno nei momenti clou, per un totale di due intercity e diciotto ore di viaggio. Un incubo. Sempre ammesso di trovare posto.

CARO RIENTRI, IL RINCARO DELLE COMPAGNIE AEREE E BIGLIETTI FERROVIARI


Biglietti ferroviari e ticket delle compagnie aeree low cost infatti hanno fatto registrare rincari enormi negli ultimi anni. Colpa del dynamic pricing, un algoritmo che aumenta a dismisura il prezzo dei viaggi nei momenti di maggior richiesta e lo fa calare negli altri. Quando, però, sono in pochi a cercare una prenotazione. Oppure rimborsando la metà del prezzo del volo aereo, insomma con sistemi che aiutano tutti coloro che sono distanti da casa a rientrare senza dover subire un salasso equivalente a metà dello stipendio di un mese.
Ma se è tollerabile anzi auspicabile che tutto questo avvenga per facilitare la riunione delle famiglie nei periodi sacri delle feste, non si può dimenticare che il motivo per cui questo avviene risiede nella mancanza di concorrenza tra i vari mezzi di trasporto. Infatti da qualche anno a questa parte tali aumenti non riguardano le tratte di tutta l’Italia settentrionale e centrale, nella quale la concorrenza tra i voli aerei e le tratte ferroviarie è tale per cui il prezzo viene calmierato dalle alternative possibili.


RINCARI SOLO PER RIENTRI AL SUD


Tali opzioni alternative non esistono invece da Napoli in giù, considerato che il trasporto ferroviario è particolarmente lento e spesso non costituisce un’alternativa praticabile. Se poi si aggiunge la mancanza di un collegamento stabile tra la Sicilia e lo Stivale, che comporta un tempo vicino alle due ore, per l’attraversamento in treno o in auto, si capisce come utilizzare il mezzo ferroviario o quello automobilistico diventa estremamente complicato.
Ma il tema di fondo che va affrontato è che questi movimenti di massa, per cui ogni anno 100.000 persone si trasferiscono dal Mezzogiorno nella cosiddetta Padania, devono essere bloccati o scoraggiati.
Certamente non impedendo a chi vuole andare via di poterlo fare, ma dando opzioni alternative a chi vuole rimanere. La fuga alla ricerca del diritto al lavoro, ma anche alla ricerca di tutti gli altri diritti, alla sanità, a una buona formazione, deve finire. Perché quello che sembra assolutamente naturale non le è affatto.
Non è ineluttabile che si spostino le persone dove c’è il lavoro e che non avvenga il contrario. Cioè si sposti il lavoro dove ci sono le persone; non è un detto evangelico che una buona sanità debba essere cercata con un volo low cost, ormai non più tale, perché sarebbe corretto che si potesse trovare un’assistenza adeguata in qualunque parte del Paese si nasca.
Non è quindi naturale che i genitori e i nonni abitino a migliaia di chilometri da dove possono trovare un’ipotesi di futuro i loro figli e nipoti. Abbiamo introiettato talmente un approccio distorto, considerandolo normale, che non si riesce più a capire la differenza tra emigrazione e mobilità.

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CARO RIENTRI, NECESSARIO UN CAMBIAMENTO DI ROTTA


La mobilità è un processo che riguarda l’arricchimento delle diverse parti del Paese e del mondo. Uno scambio che arricchisce tutti coloro che la praticano. La migrazione invece è un processo che riguarda l’impossibilità di vivere in alcune aree, o perché sfruttate o perché hanno condizioni climatiche particolarmente difficili, o perché le Istituzioni che le riguardano non riescono a dare risposte economiche adeguate.
Il Mezzogiorno certamente non può considerarsi una zona che ha condizioni climatiche sfavorevoli, anzi da tutti l’area viene individuata come una zona climaticamente baciata da Dio. E allora rimangono in piedi le due altre condizioni: o è sfruttata o le Istituzioni nazionali e regionali non riescono a dare risposte adeguate.


Nell’un caso e nell’altro è necessario un cambiamento di rotta. Perché non ci si può rassegnare a che questa parte diventi un’area dalla quale estrarre energia, come sta avvenendo con i campi di pali eolici e i cosiddetti parchi solari o come avveniva prima con la localizzazione di impianti di raffinazione; dalla quale prendere un capitale umano formato per trasferirlo altrove o pazienti da curare con un costo per le regioni di appartenenza particolarmente elevato, o ragazzi da formare.
Se si riesce a cambiare questo meccanismo e contemporaneamente a rendere i trasferimenti veloci e possibili per raggiungere il Mezzogiorno, come avviene per il resto del Paese, allora l’algoritmo di cui si è parlato non farà saltare i prezzi, come avviene puntualmente a ogni Natale e Pasqua dell’anno.

SERVE DIVERSO MODELLO DI SVILUPPO


Ma quello che si chiede è proprio un diverso modello di sviluppo, che invece di inseguire la bulimia di un’area forte, abituata a ritenere l’altra ancillare come una colonia interna, consideri tutto il Paese soggetto degli stessi diritti. È un mutamento complesso dopo 160 anni di una unificazione avvenuta su basi distorte. Ma è arrivato forse, finalmente, il momento di cambiare approccio. Se i meridionali saranno capaci di imporre una diversa visione.


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