Flashmob della generazione Z a Roma per la cooperazione internazionale: “Ci sentiamo dire che il futuro appartiene ai giovani, ma bisogna agire ora”

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“Stiamo ereditando un mondo dilaniato da conflitti, disuguaglianze, crisi climatica. È una vita che ci sentiamo dire che il futuro appartiene ai giovani, ma noi vogliamo agire ora, nel presente, per fare in modo che domani ci sia un futuro per tutti, tutte. Un futuro fondato sul dialogo, la sostenibilità, la giustizia sociale e ambientale”.

Con queste parole si apre il Manifesto Una cooperazione che cambia: le voci delle nuove generazioni, promosso da Focsiv e Oxfam, ed elaborato da un gruppo di giovani attivisti, provenienti da 11 Regioni italiane.

L’iniziativa che si è conclusa oggi, martedì 17 dicembre, a Roma con un flashmob a Piazza di Pietra per ribadire una visione di mondo in cui vivere. Un monito all’inerzia dei politici e una richiesta urgente di rilancio della cooperazione allo sviluppo quale leva imprescindibile per una politica orientata alla pace, allo sviluppo sostenibile, alla giustizia sociale.

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Eppure, i segnali arrivati dal Governo vanno in altra direzione. Secondo gli ultimi dati OCSE infatti stiamo assistendo a un declino delle risorse allocate dall’Italia all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS), che nel 2023 si è fermato ad appena lo 0,27% del suo reddito nazionale lordo (RNL), in calo rispetto allo 0,33% del 2022. Per mantenere fede agli impegni europei e internazionali ultradecennali che si è assunta, in primis quello di destinare almeno lo 0,70% del RNL in APS, l’Italia dovrebbe più che raddoppiare i propri stanziamenti nel corso dei prossimi 5 anni. Lo sta facendo per le armi ma non per la cooperazione.

Come si legge in una nota stampa, “stando al disegno della legge di bilancio, ora in discussione in Parlamento, nel 2025 si dovrebbe assistere a una timida crescita congiunturale, seguita però da un calo che ci riporterebbe a valori addirittura inferiori al 2023″. Una lettura più attenta evidenzia poi che per il 2025 l’aumento più significativo di 500 milioni riguarda le risorse per il settore multilaterale gestite dal Ministero delle Finanze, volte in larga parte a rifinanziare organizzazioni internazionali o banche di sviluppo: un incremento sicuramente benvenuto, ma che non rappresenta un cambio di passo strutturale nella politica di cooperazione allo sviluppo dell’Italia.

Sono previsti inoltre 360 milioni destinati al Ministero dell’Interno per le spese legate alla voce “accoglienza dei rifugiati nel paese donatore” per migranti e richiedenti asilo: un 23,5% in più rispetto alla Finanziaria 2024, difficilmente giustificabile, visto che si è assistito a un significativo calo dei flussi migratori (ad oggi meno 58% rispetto al 2024), si legge sempre nella nota.

Si tratta in definitiva di risorse che in gran parte restano all’interno dei confini nazionali per fronteggiare la gestione dei flussi migratori, e dunque sottratte agli obiettivi di lotta alla povertà nei Paesi del Sud del mondo. In altri casi, quando spese fuori dai confini nazionali, andrebbe ben verificato per quali fini, perché gli accordi con i Paesi terzi per contrastare il fenomeno migratorio (politiche di esternalizzazione) rispondono ancora ad obiettivi del Paese donatore senza alcun beneficio per i Paesi che dovrebbero essere destinatari degli aiuti.

Calano invece quegli stanziamenti che più di altri dovrebbero connotare la cooperazione italiana, ovvero le allocazioni per il Ministero degli Esteri (-115 milioni tra 2024 e 2025) e un taglio di 32 milioni per l’Agenzia per la Cooperazione (rispetto alle previsioni messe in bilancio lo scorso anno). Quest’ultima rappresenta il cuore operativo della cooperazione allo sviluppo: dispone di un budget per coordinare politiche o realizzare concretamente programmi e progetti. Gli attuali 645,9 milioni risultano essere, scandalosamente, circa un terzo di quanto attribuito in questo stesso settore al Ministero dell’Interno.

“Nonostante la retorica più volte sbandierata nell’ultimo anno del Piano Mattei, questa legge di bilancio certifica la scarsa attenzione del Governo verso una reale politica di cooperazione allo sviluppo: non solo non viene rafforzata, in un contesto internazionale di crescenti sfide e crisi, ma parzialmente indebolita, riducendo il peso e la credibilità della politica estera italiana nello scenario globale – commentano Ivana Borsotto, portavoce della Campagna 070 e Presidente Focsiv, e Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia – Questa mancanza di visione denunciata dai giovani attivisti scesi oggi in piazza è preoccupante. Chiediamo al Parlamento, chiamato ad approvare la legge di bilancio, di riportare la cooperazione allo sviluppo al cuore della politica estera italiana. Esigiamo un segnale concreto che definisca un percorso progressivo ma programmato di aumento dei fondi per la cooperazione così da poter raggiungere entro il 2030 lo 0,70% del Reddito Nazionale Lordo destinato all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo”.

Con questo spirito di stimolo verso la politica e le istituzioni italiane, il progetto Generazione Cooperazione con la Campagna 070 ha promosso oggi, alla Sala Capranichetta, un seminario di confronto con esponenti di varie forze politiche.

Gli autori del Manifesto Una cooperazione che cambia: le voci delle nuove generazioni hanno avuto così l’opportunità di discutere direttamente con gli onorevoli Giuseppe Provenzano e Lia Quartapelle del Partito Democratico, Maddalena Morgante e Giulio Tremonti di Fratelli d’Italia, Paolo Formentini della Lega, Angelo Bonelli per Alleanza Verdi e Sinistra, Federica Onori per Azione, Stefano Gatti, a capo della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, e Riccardo Rusconi, Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, oltre ad esponenti della società civile tra cui Enrico Giovannini, Direttore Scientifico dell’ASVIS, Vanessa Pellucchi, Portavoce del Forum del Terzo Settore, don Giulio Albanese membro del Consiglio Relazioni internazionali della Segreteria di Stato Vaticana, e numerosi rappresentanti delle ONG italiane.

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“L’aspetto più frustrante è il senso di impotenza che viviamo nel non essere ascoltati quando scendiamo in piazza. Quella sensazione di non poter cambiare le cose, nonostante l’urgenza e la gravità delle questioni in gioco. Sentiamo una distanza profonda dalle istituzioni, una sorta di spaccatura con quello che è il mondo reale. Ecco perché per noi oggi è importante presentare il nostro Manifesto, perché nonostante tutto crediamo che sia fondamentale far sentire la nostra voce e provare a costruire un dialogo tra la nostra generazione e la politica, provare a portare avanti la visione di un mondo profondamente diverso da quello che stiamo ereditando, un mondo in cui la cooperazione è un pilastro fondante di una società giusta e resiliente”, conclude Mirko Cerrito, uno dei giovani attivisti scesi oggi in Piazza e autore del Manifesto.



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