Il potere del dialogo contro l’urlo social

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Ciascuno di noi è capace di tenere discorsi persuasivi su questioni di interesse pubblico. Voler convincere chi non sia già d’accordo è anzi parte integrante del nostro essere cittadini attivi. L’oratore porta argomenti, garantisce di dire le cose per come le sa, si mostra ragionevole verso chi gli porge attenzione. L’uditorio ascolta, vaglia, verifica che il fine persuasivo non nasconda un intento manipolatorio.

Insieme produrranno un sapere condiviso.

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L’arte della persuasione

Chiunque viva anche da poco in società sa come convincere l’altro, che sia amico o ostile. È una cosa che facciamo continuamente. Invece di urlare, diamo ragioni; invece di calcolare, riconosciamo il valore emotivo di quel che diciamo; invece di obbligare, teniamo conto del sentire comune. Fin da Aristotele e Cicerone, queste sono le semplici regole che governano il modo in cui gli adulti decidono delle cose del mondo, e così continuerà ad essere almeno fino a quando l’intelligenza artificiale generativa non avrà eventualmente scardinato il principio della libertà e della responsabilità della parola personale.

Certo occorre un terreno comune di partenza, fatto non solo di parole ma di conoscenze e di preferenze. L’arte della persuasione alimenta una gerarchia di valori di cui è a sua volta espressione. Da un lato è, dunque, conservatrice come lo è per definizione la morale. Dall’altro è lo strumento migliore per rivoluzionare convincimenti ormai inadeguati ai tempi. È un sapere concreto, operativo, perfettibile, grazie al quale tutte e tutti noi prendiamo decisioni.

La salute della democrazia dipende enormemente dalla salute del discorso retorico. “Una testa un voto” è un principio necessario ma lungi dall’essere sufficiente. La sua parzialità è dimostrata dalla storia: l’esempio della democratica elezione di Adolf Hitler non perde mai di efficacia. Un regime democratico resta tale se e nella misura in cui gli interessi di tutti i suoi componenti vengono riconosciuti e rispettati, esplicitando i conflitti che ne derivano e che vanno mediati attraverso scelte in qualche modo condivise e sempre pacifiche.

L’erosione della pace incomincia con l’indebolimento del discorso persuasivo, il suo dileggio, o semplicemente un abuso sciatto del suo potere. Sono convinta che l’uso quotidiano del termine “guerra” per descrivere le misure adottate per sopravvivere alla pandemia da COVID, abbia reso meno scandalosa l’idea di un conflitto armato in casa, come quello che è poi scoppiato in Ucraina e adesso nel Medio Oriente.

La necessità di parlanti competenti

Ora, da alcuni decenni i social media prendono d’assalto la natura pubblica del discorso persuasivo. Un mucchio di utenti diffondono le informazioni più fantasiose, approfittando anche della possibilità di creare a basso costo deep fake e trolls che circolano molto velocemente sul digitale. È di qualche giorno fa la notizia che la segreteria del PD e il democristiano Ferdinando Casini si siano baciati appassionatamente.

Mala tempora currunt, quindi? È certo che il digitale va più veloce dell’analogico, e tuttavia fu scritto su pergamena quel grande falso che è la Donazione di Costantino, cui si deve l’esistenza dello Stato del Vaticano promotore nei secoli di guerre sanguinarie. Non credo insomma che la vulnerabilità del discorso retorico dipenda direttamente dalla quantità di menzogne anonime che circolano, ma dalla disponibilità dei cittadini a comportarsi come acquirenti di alcune poche opinioni che prevedono gli piaceranno, confermandoli nelle loro convinzioni, e di farlo ciascuno per sé, ciascuno nella propria microbolla. Al più rispettando gli standard di una comunità, ma indifferenti alla Gesellschaft. Alla società.

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L’oratore dice ciò che sa piacerà, l’uditorio ascolta quel che non lo disturba. Viene così meno l’elemento produttivamente polemico della persuasione. Più ancora che controllare la veridicità delle fonti, occorre allora investire sulla competenza retorica dei parlanti. Sostenerla e premiarla. Questo è parte integrante dell’impegno democratico di oggi.

Finché la materia prima del discorso pubblico saranno gli esseri umani, per mantenere un dibattito autentico servono parlanti capaci di interrogare il discorso, di dubitare del conformismo, da qualunque parte arrivi. Distinguere tra uno slogan, uno sfogo, un non sequitur e un argomento.

 



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