La festa della destra europea compatta contro i migranti

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La Lega festeggia, con i militanti che accorrono in via Bellerio a Milano. Ma a vincere non sono solo la Lega e l’assolto con formula piena Salvini: è l’intera destra italiana, europea e non solo.

Non ci vorrà molto perché al coro tripudiante si aggiungano anche le voci d’oltre Atlantico. Elon Musk, che ormai guarda all’Italia come a una sorta di cortile di casa, non mancherà di pronunciarsi.

Le prime voci a festeggiare sono state quelle di Giorgia Meloni e di Victor Orbán, arrivate alle agenzie quasi in contemporanea e la coincidenza è eloquente. La premier non si limita a felicitarsi: passa all’incasso politico. «È un giudizio che dimostra quanto surreali e infondate fossero le accuse rivolte a Salvini. Difendere i confini italiani non può mai essere un crimine. Proseguiamo insieme con determinazione. Evviva». Appena più contenuto l’ungherese: «La giustizia ha prevalso. Bravo Salvini. Un’altra vittoria per i Patrioti». L’amica francese Marine Le Pen si aggiungerà poco dopo: «Sono sollevata per Salvini che finalmente esce da un incubo».

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Lui, l’assolto, magari avrebbe preferito una sentenza diversa, almeno in questo primo grado di giudizio. L’aura del martire gli faceva gioco. Già gli ha restituito un ruolo nella destra europea che le scarse fortune elettorali stavano erodendo con la velocità dell’acido. Ma questo processo era una di quelle partite dalle quali si esce vincenti comunque. La condanna lo avrebbe rinvigorito. L’assoluzione gli permette di rivendicare per intero la feroce politica del 2018-19 e certo non si fa pregare: «Hanno vinto il buon senso, la Lega e l’Italia. Difendere i confini e la patria, contrastare gli scafisti e le Ong straniere non è un reato ma un diritto. Sono felice e avanti ancora più determinato di prima».

Da quel momento in poi è un’alluvione. Non c’è ministro, capogruppo o semplice ufficiale della destra che non si feliciti, non si complimenti, soprattutto non canti vittoria a gola spiegata. Lo fanno i leghisti e FdI ma non si smarca Tajani, «C’è un giudice a Palermo. Un abbraccio a Salvini». Ma è tutto il partito azzurro ad abbracciare il solitamente meno apprezzato vicepremier. Tra le conseguenze negative dell’azzardo giuridico tentato non solo con il processo ma con una richiesta di condanna giudicata eccessiva e abnorme anche da molti non sospettabili di simpatie salviniane c’è l’aver ricompattato in pieno la destra sul fronte dell’immigrazione.

Contrariamente alle apparenze la strategia di Giorgia Meloni e quella dell’ex ministro degli Interni sono in realtà molto diverse, pur coincidendo nell’obiettivo di fare dell’Europa una fortezza come se il continente fosse a rischio di espugnazione. In questi due anni la premier è stata molto attenta a evitare che il leghista potesse avere voce in capitolo di sorta sul fronte dell’immigrazione. Ma la coincidenza fra il braccio di ferro sull’Albania e la conclusione del processo per il caso Open Arms appanna le differenze, restituisce ruolo a Salvini, costituisce davvero una vittoria politica, non solo e non tanto giudiziaria, per tutta la destra europea senza distinzioni fra i tre eurogruppi nei quali si divide.

L’imbarazzo dell’opposizione è infatti evidente. «La nostra critica alle scelte di Meloni e Salvini è tutta politica e non cambia di un millimetro. Le sentenze si rispettano sempre. Li batteremo sulla politica», dichiara Schlein. Conferma anche Fratoianni per Avs e nessuno potrebbe dargli torto: proprio per questo avere spostato lo scontro sul piano giudiziario sostenendo di fatto l’accusa non è stata un’idea brillante e ha moltiplicato l’effetto boomerang dell’assoluzione. Rispetta la sentenza anche Conte, premier del governo che decise il blocco della Open Arms, ma ricorda che «la tutela dei diritti è fondamentale» e incassa quello che si può incassare ricordando che «la magistratura è sempre autonoma».

Nella battaglia che si prepara intorno alla separazione delle carriere la sentenza di ieri è un punto a sfavore del centrodestra, anche se si può star certi che Salvini continuerà a fare il martire. Di fatto però la tesi di una magistratura nemica del governo esce ammaccata. È l’unica soddisfazione con cui potesse consolarsi ieri il centrosinistra.



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