Il Politecnico federale di Zurigo ha rivelato le misure di sicurezza applicate alle domande di ammissione di studenti e studentesse stranieri provenienti da determinati Paesi, suscitando rabbia e timore, in particolare nella comunità accademica cinese. Che effetto potrebbero avere questi criteri sulle scelte degli universitari e universitarie cinesi che vogliono studiare all’estero?
“Perché il Politecnico di Zurigo è diventato così severo, imponendo misure tanto estreme ai candidati e candidate stranieri provenienti da certi Paesi? Non lo capisco”, ha detto Huang Xiaoyu*, la voce carica d’ansia, al telefono con SWI swissinfo.ch dalla Cina. Studente di Biotecnologie presso l’Università di Scienza e Tecnologia Elettronica della Cina a Chengdu, da più di un anno sta preparando la propria domanda di ammissione al Politecnico federale di Zurigo, che vorrebbe frequentare a partire dall’autunno del 2025.
Nel frattempo ha imparato il tedesco e stilato un piano di studi ad hoc, compatibile con i master in Biologia computazionale e Bioinformatica che vorrebbe seguire presso l’istituto, il quale ha dato la sua approvazione.
Ora, però, il suo sogno rischia di infrangersi: secondo i criteri dei controlli di sicurezza del Politecnico, resi pubblici il 24 ottobreCollegamento esterno, la sua nazionalità, la scuola che ha frequentato e il tipo di corso scelto potrebbero comportarne l’esclusione.
Criteri controversi
Le linee guida sulla sicurezza dell’istituto, infatti, stabiliscono che, in conformità con la Legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari, dei beni militari speciali e dei beni strategiciCollegamento esterno e con la Legge federale sull’applicazione di sanzioni internazionaliCollegamento esterno, il Politecnico di Zurigo è tenuto a ridurre al minimo il rischio di far trapelare tecnologie e conoscenze a fini militari verso Paesi soggetti a sanzioni internazionali, tra cui Russia, Iran, Siria e CinaCollegamento esterno.
Ciò significa che le domande di studenti e studentesse, docenti a contratto e ospiti provenienti da determinati Paesi, che frequentando il Politecnico potrebbero ottenere l’accesso a beni a duplice uso o a tecnologie chiave, saranno soggette a un’analisi supplementare e potrebbero essere respinte. La probabilità si fa più elevata per aree di ricerca che coinvolgono tecnologie sensibili come il GPS o i droni.
I controlli di sicurezza del Politecnico si basano su quattro criteri:
- Il Paese di origine della persona richiedente (in base a nazionalità, luogo di residenza e biografia) è considerato un “Paese a rischio”?
- La persona richiedente ha studiato in qualche istituto che possa presentare un rischio per la sicurezza?
- La persona richiedente riceverà finanziamenti tramite borsa di studio elargita da un Paese sottoposto a sanzioni, o da fonti improprie o discutibili?
- L’area di studi in oggetto è stata sottoposta a una più rigorosa supervisione ufficiale o rientra nei regolamenti sul controllo delle esportazioni di beni a doppio uso?
Il primo punto si sta rivelando il più controverso: “Non è chiaro che cosa il Politecnico di Zurigo intenda con “biografia”. Devo riferire nel dettaglio l’istruzione e l’esperienza lavorativa dei miei familiari e del mio ex fidanzato? Gli immigrati e immigrate cinesi di seconda generazione, nati e residenti in Svizzera, saranno respinti solo perché i loro genitori lavoravano in un “‘settore sensibile” in Cina?”, ha chiesto a SWI swissinfo.ch uno studente o studentessa che ha voluto mantenere l’anonimato. “Sono criteri poco chiari, irragionevoli e inaccettabili”.
Il Politecnico di Zurigo è un’università pubblica rinomata per la ricerca e l’innovazione in campo scientifico e tecnologico. Ha 16 facoltà che offrono una formazione di livello accademico e conducono ricerche in materie che vanno dall’ingegneria all’architettura, dalla chimica alla fisica.
Secondo l’ultima classifica del Times Higher Education, è la migliore università dell’Europa continentale. Inoltre, è al 7° posto nella classifica mondiale delle università QS 2024Collegamento esterno, con tre materie al primo posto nel mondo e altre 14 nella top ten.
Tra i suoi ex allievi e allieve figurano 22 premi Nobel, due medaglie Fields, tre premi Pritzker e un premio Turing, come Albert Einstein, vincitore del Premio Nobel per la Fisica nel 1921, e John von Neumann, pioniere nella costruzione dell’architettura matematica della fisica quantistica.
Sebbene la sicurezza a livello della ricerca sia una preoccupazione in crescita nelle università di tutto il mondo, il Politecnico di Zurigo sembra spingersi più in là di altri nel selezionare gli studenti e studentesse stranieri, poiché esamina tutte le domande di dottorato, master, assunzione o visita provenienti da Paesi soggetti a sanzioni delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti o dell’Unione Europea, nonché da Stati che la Svizzera considera “Paesi a rischio” in termini proliferazione nucleare o degli armamenti.
Inoltre, i candidati e candidate provenienti da 17 istituti formativi cinesi, 16 russi e 7 iranianiCollegamento esterno considerati “a rischio sicurezza” devono sottoporsi a uno screening.
A essere interessate sono quasi tutte le discipline studiate al Politecnico di Zurigo, “poiché la maggior parte delle tecnologie può essere utilizzata anche per scopi militari o essere considerata una tecnologia chiave”, secondo l’università.
Pur essendo stati resi pubblici solo di recente, tali criteri di verifica sono in uso già da diversi anni.
Wang Li*, un dottorando cinese attualmente iscritto al Politecnico, ha rivelato che dopo la sua iscrizione, nell’autunno del 2023, un professore gli aveva inavvertitamente fatto sapere che la sua domanda era bloccata perché il progetto per cui aveva fatto domanda riguardava l’intelligenza artificiale.
“Secondo il professore, all’epoca non c’era un meccanismo di selezione dichiarato, ma una serie di procedure stabilite internamente”, ha detto. Per fortuna, il docente aveva preso le sue difese, fornendo documenti pertinenti sul contenuto del progetto di ricerca in cui sarebbe stato coinvolto.
Alla fine, la domanda di Zhang è stata approvata, ma si teme che possa diventare un’eccezione. Un ricercatore cinese che ha conseguito un dottorato in fisica presso il Politecnico di Zurigo nel 2021 e che oggi vive in Svizzera ha dichiarato: “Mi preoccupa l’idea che nella teoria studenti e studentesse cinesi abbiano ancora qualche possibilità, ma nella pratica no. Molti docenti, infatti, potrebbero non volersi prendere il disturbo di aiutarli”.
Cosa significa questo per candidati e candidate cinesi?
La pubblicazione di questi meccanismi di controllo ha suscitato particolare inquietudine nella comunità accademica cinese, poiché negli ultimi anni il numero di studenti e studentesse cinesi al Politecnico di Zurigo è aumentato rapidamente rispetto ad altri cosiddetti “Paesi a rischio”. Tra il 2010 e il 2023, infatti, il loro numero è passato da 271 a 1’362 presso l’istituto e da 139 a 598 presso un ateneo gemello, il Politecnico federale di Losanna.
Per decenni la destinazione più attraente per la gioventù cinese che voleva studiare all’estero è stata l’America, tanto che tra il 2009 e il 2019Collegamento esterno le iscrizioni cinesi alle università statunitensi sono addirittura triplicate.
Tuttavia, nel 2020 l’allora presidente Donald Trump ha emesso una proclamazione presidenziale che imponeva restrizioni all’ingresso nel Paese di studenti, studentesse, ricercatori e ricercatrici cinesi che avessero legami con istituzioni impegnate a implementare la strategia di fusione civile-militare voluta da Pechino. Questa strategia mira a trasformare l’esercito cinese in una forza di livello mondiale entro il 2049, con uno sviluppo economico e militare guidato dalle innovazioni scientifiche. L’amministrazione Biden ha continuato ad applicare i medesimi criteri.
Al tempo stesso, la pandemia da Covid-19 ha avuto un molteplice impatto sugli studenti e studentesse cinesi che andavano negli Stati Uniti: la Cina ha chiuso le frontiere dal marzo 2020 al gennaio 2023, costringendo molti di loro a rinunciare all’idea di studiare all’estero. Inoltre, la prolungata recessione economica della Cina li ha spinti a cercare destinazioni di studio più accessibili. A differenza delle università statunitensi, che riescono a far quadrare i conti grazie alle pesanti tasse pagate dagli studenti e studentesse internazionali (tra i 10’000 e i 55’000 dollari l’annoCollegamento esterno), le università pubbliche svizzere godono del sostegno finanziario del governo, cosa che rende le tasse universitarie molto più gestibili: da 435 a 3’100 franchi svizzeri (pari a 490-3’495 dollari)Collegamento esterno a semestre.
Inoltre, durante la pandemia, studenti e studentesse cinesi sono stati oggetto di stigma e discriminazione negli Stati UnitiCollegamento esterno, a causa dell’origine cinese del virus. Gli episodi discriminatori hanno spaziato da ostilità ed esclusione alla violenza vera e propria, smorzando ulteriormente l’entusiasmo di chi voleva studiare nel Paese.
Di conseguenza, secondo il Dipartimento di Stato americano, il numero di studenti e studentesse cinesi negli Stati Uniti è diminuito di oltre il 20% negli ultimi cinque anni (da 370’000 nel 2019 a 290’000 nel 2024), mentre le domande di iscrizione alle università svizzere sono aumentate.
Accettazioni in calo
Una tendenza che però potrebbe arrestarsi, a seconda di quale sarà l’impatto delle politiche sui controlli di sicurezza nel lungo termine.
In un articoloCollegamento esterno pubblicato sul South China Morning Post, Li Zhuowen, ricercatore residente a Washington che si occupa di economia politica cinese e sviluppo internazionale, ha scritto che gli studenti e studentesse cinesi, in particolare nei settori STEM, “vedono i loro sogni accademici deragliare, rinunciando a conseguire una laurea negli Stati Uniti a causa dei controlli di sicurezza solo per ritrovarsi di nuovo nel mirino anche in Europa”.
Il tasso di accettazione dei candidati e candidate cinesi per i master al Politecnico di Losanna è diminuito nettamente negli ultimi dieci anni, passando dal 44% al 12% tra il 2014 e il 2024: cifra molto inferiore al tasso di accettazione internazionale del 21%. Il Politecnico di Zurigo, invece, non ha risposto alla richiesta di statistiche sul tasso di accettazione degli studenti e studentesse provenienti da Paesi sottoposti a controlli di sicurezza.
La reazione del Politecnico di Zurigo
Lo scorso settembre, negli ambienti accademici svizzeri si è diffusa la voce dell’esistenza di una presunta “lista nera” di istituti cinesi, dopo che un giornalista di Heidi.newsCollegamento esterno aveva sentito un ricercatore menzionare un elenco di università i cui studenti e studentesse non erano più benvenuti in “un’importante istituzione sulle rive del lago di Zurigo”, sede sia del Politecnico sia dell’Università di Zurigo.
Da quando ha pubblicato le sue linee guida per la selezione – annuncio fatto per motivi di “trasparenza”, secondo il portavoce Markus Gross – il Politecnico di Zurigo ha negato le accuse di “proscrizioneCollegamento esterno“, “approccio generalistaCollegamento esterno” e “discriminazione razzialeCollegamento esterno” nei confronti dei candidati e candidate cinesi. Secondo quanto dichiarato a SWI da Gross: “Non applichiamo criteri di esclusione rigidi o meccanismi automatici; ogni domanda viene valutata singolarmente. Se una persona nata in un Paese sanzionato ha trascorso gran parte della sua vita altrove, ciò verrà preso in considerazione”.
Per placare le critiche e illustrare il funzionamento della procedura, il Politecnico aveva organizzato un evento per gli studenti e studentesse provenienti da Paesi sottoposti a controlli di sicurezza a fine ottobre. Tuttavia, l’elevato numero di registrazioni lo ha costretto a riprogrammare il tutto, passando al formato webinar per consentire agli oltre 1’000 interessati e interessate di partecipare.
Durante l’incontro, Silvia Nast, responsabile dell’Ufficio per il controllo delle esportazioni del Politecnico di Zurigo, ha dichiarato: “Gli elenchi pubblicati non sono liste nere”, spiegando che hanno il solo scopo di aiutare l’ateneo a identificare le domande che possono richiedere un’ulteriore valutazione: “Non è un criterio per rifiutare una candidatura. Nessuno viene escluso sulla base della propria nazionalità”.
In un’intervista rilasciata al quotidiano NZZ am SonntagCollegamento esterno, alla domanda sul perché sanzioni imposte da Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito venissero applicate anche da un’università di un Paese neutrale, Nast ha attribuito il tutto al dovere del Politecnico di Zurigo di tutelare il proprio personale: “La maggior parte dei nostri docenti proviene dall’estero […] e dobbiamo assicurarci che non violino le leggi del loro Paese d’origine”. In una nota internaCollegamento esterno ha inoltre sottolineato l’importanza dei controlli sulle esportazioni per i ricercatori e ricercatrici stranieri, specificando: “Le violazioni [delle norme per il controllo delle esportazioni], anche ove derivanti da disattenzione, possono far scattare multe salate, e persino pene detentive nei casi più gravi”.
Per Jean-Marc Rickli, direttore dei rischi globali ed emergenti del Centro per la politica di sicurezza di Ginevra, sostenere che le università di un Paese neutrale dovrebbero astenersi dalle sanzioni è un’interpretazione errata della neutralità svizzera, perché “la legge sulla neutralità non copre le sanzioni”. Secondo il Rapporto sulla neutralità del Ministero degli Esteri svizzero, la legge sulla neutralità si applica solo nel caso di una guerra effettiva. “Ogni Stato neutrale può decidere quali sanzioni applicare”, ha concluso Rickli.
Studio, non asilo politico
Per Huang, che ha preparato la domanda di ammissione per il 2025 dalla Cina, studiare all’estero simboleggerebbe una maggiore libertà accademica e una disillusione verso le incertezze economiche del suo Paese: “Negli ultimi anni, il tasso di disoccupazione giovanile in Cina è rimasto alto, il clima politico teso e lo spazio per lo sviluppo personale si è ridotto”, ha detto. “Per me studiare all’estero sarebbe l’occasione per lasciare la Cina, mettere radici altrove e coltivare un percorso di sviluppo più ampio”.
Molti studenti e studentesse cinesi intervistati da SWI swissinfo.ch hanno fatto eco a questi sentimenti. Per chi studia o fa ricerca, andare nei Paesi occidentali è da tempo un modo di sfuggire a regimi autoritari, come quello cinese o russo.
Lo scorso marzo, il gruppo accademico Swissuniversities ha raccomandato di rivedere la cooperazione scientifica con le università russe e di sospenderla in caso di potenziale sostegno alle politiche aggressive del Cremlino, raccomandazione seguita da quasi tutte le università svizzere, compreso il Politecnico di Zurigo. Dall’invasione russa dell’Ucraina, il Politecnico ha inasprito i requisiti di ammissione per candidati e candidate russi, che sono soggetti a verifiche a causa delle norme sul controllo delle esportazioni e delle sanzioni UE contro la Russia adottate dal governo svizzero. “Siamo condannati per i crimini di un regime di cui non approviamo l’operato”, ha dichiarato uno studente russo alla rivista Beobachter.
Il portavoce del Politecnico di Zurigo Gross ha respinto tutte le accuse di “punizione collettiva” nei confronti degli studenti e studentesse russi o cinesi, mentre il portavoce del Politecnico di Losanna Emmanuel Barraud ha dichiarato: “Le domande degli studenti e studentesse stranieri vengono valutate in base a diversi criteri, primo tra tutti le capacità dei singoli, in quanto la nostra scuola non può diventare un “rifugio politico” per persone che non hanno le qualifiche necessarie per seguire i nostri corsi”.
La situazione nel resto dell’Occidente
L’UE non ha una politica standard in materia di controlli di sicurezza di livello universitario per i Paesi sottoposti a sanzioni internazionali, il che significa che ogni ateneo è libero di regolare le ammissioni come meglio crede. Il Politecnico di Zurigo non è l’unico istituto europeo ad aver introdotto delle verifiche supplementari.
Nel 2022, l’Università di Aarhus, in Danimarca, ha avviato un progetto pilota per il controllo dei precedenti di tutti i candidati e candidate al dottorato e post-dottorato in scienze tecniche e naturali provenienti da Cina, Iran e Russia prima della loro ammissione alla facoltà di Scienze tecniche della scuola. Quest’anno i controlli sono stati estesi a tutte le facoltà.
Inoltre, dal 2023, il finanziamento delle borse di studio del Chinese Scholarship Council, gestito dallo Stato cinese, è considerato un segnale d’allarme, che impedisce a chi ne fa uso di accedere a un numero crescente di università europee, tra cui l’Università di Aarhus, l’Istituto Karolinska in Svezia, l’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga in Germania, l’Università di Tecnologia di Eindhoven e l’Università di Maastricht nei Paesi Bassi.
Al di fuori dell’UE, nel 2007 il Regno Unito ha introdotto un programma di approvazione della tecnologia di livello accademicCollegamento esternoo, in base al quale i candidati e candidate al dottorato provenienti dall’estero (ad eccezione dello Spazio economico europeo e della Svizzera) devono essere sottoposti a controlli di sicurezza per studiare materie le cui conoscenze potrebbero essere utilizzate nel campo degli armamenti. Nel 2020, il governo britannico ha ampliato il programma per includere aree di studio che potrebbero riguardare tecnologie militari convenzionali di livello avanzato, quindi gran parte della fisica, dell’ingegneria e dell’informatica. L’anno successivo, un nuovo ampliamento ha incluso ricercatori, ricercatrici e dottorandi e dottorande di determinate nazionalità e in specifici campi di ricerca, al fine di prevenire il furto di proprietà intellettuale.
Altri sviluppi
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I dati ottenuti dal quotidiano The Guardian rivelanoCollegamento esterno che, nel 2022, il vaglio del ministero degli Esteri britannico ha respinto le domande di 265 ricercatori o ricercatrici e 839 studenti e studentesse di dottorato (pari a 1’104 candidature su 50’000), rispetto alle 128 domande respinte nel 2020 e alle 13 del 2016. Sebbene il ministero degli Esteri britannico abbia rifiutato di fornire una ripartizione per nazionalità, i dati forniti da importanti università come Oxford, Cambridge e l’Imperial College di Londra suggeriscono che, almeno in quelle istituzioni, la maggior parte degli accademici e accademiche a cui è stato negato il nulla osta fosse di origine cinese.
Alicia Kearns, presidente del Foreign Affairs Select Committee del Regno Unito, ha scritto in un post su X (ex Twitter): “Per troppo tempo il mondo accademico ha finto di non avere alcun ruolo da svolgere nella sicurezza nazionale e di poter operare al di sopra delle realtà geostrategiche”, aggiungendo che questa mentalità rende il Regno Unito “vulnerabile agli Stati ostili” e che “ci sono prove importanti di un tentativo sistematico da parte del [Partito comunista cinese] di infiltrarsi nel mondo accademico britannico e di sottrarne ricerche, capacità e tecnologie critiche”.
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For too long Academia has pretended it has no role to play in our national security and can operate free from geo-strategic realities – this is an outdated mindset making us vulnerable to hostile states.
I hope with this very welcome move we can better protect one of our… pic.twitter.com/sTjYaqZDA1Collegamento esterno
— Alicia Kearns MP (@aliciakearns) April 26, 2024Collegamento esterno
Rickli, del Centro per la politica di sicurezza di Ginevra, sostiene che, dato l’attuale contesto geopolitico e la crescente polarizzazione, “è probabile che sempre più università europee introducano meccanismi di controllo, poiché la scienza e la tecnologia stanno diventando indicatori e fattori chiave del potere globale”.
L’efficacia di tali meccanismi è ancora tutta da vedere, così come il loro impatto. Ma è chiaro che il Politecnico di Zurigo e altre università europee dovranno trovare un delicato equilibrio tra la sicurezza nazionale e la libertà accademica di cui hanno sempre fatto vanto.
Un dottorando cinese presso il Politecnico di Zurigo ha illustrato alla perfezione il dilemma, spiegandoci che: “A lungo termine, la reputazione del Politecnico ne uscirà danneggiata, soprattutto in Cina. Anche i suoi valori di uguaglianza, diversità e inclusione saranno messi in discussione. A sua volta, questo farà sì che più studenti, studentesse e accademici e accademiche di altri Paesi, anche tra quelli non inclusi nelle sanzioni, esitino a frequentarlo”.
* I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità di studenti e studentesse..
Articolo a cura di Lindsey Johnstone/gw
Traduzione di Camilla Pieretti
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