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CARLO VERDONE E L’ESPLOSIONE DELLA FEDE
È la paura per la morte ad aver avvicinato Carlo Verdone alla fede, perché lo ha spinto a interrogarsi sulla sua vita, a chiedersi quale sia il motivo della sua esistenza. Lo ha confessato in un’intervista al Corriere della Sera in vista del Giubileo 2025, smentendo di essere laico. Ad esempio, va a messa, seppur non regolarmente, e da piccolo era chierichetto. “Mi piaceva pure, tutti quei rituali mi davano un senso di pace“.
L’attore e regista romano ha sempre vissuto la fede in maniera intima, del resto è cresciuto in una famiglia che non sbandierava la sua, ma tutto è cambiato con il passare degli anni, perché la maturità e gli acciacchi fisici, le perdite di persone care, hanno aperto una sorta di porta. “Ecco, piano piano ‘sta bomba della fede esplode, la senti sempre più vicina. Cominci ad avere paura e ti interroghi sul senso della vita“.
Ci si pone domande sul “dopo” e, quindi, anche chi non è credente si ritrova a interrogarsi a livello spirituale. Secondo Carlo Verdone, chi non è cresciuto con una grande fede, poi la matura per paura di morire. “La paura della morte è terribile“, confessa l’artista, secondo cui ci si ritrova a chiedersi perché si è nati, per cosa si vive, cominciano anche le preghiere. Domina la paura di andare via senza sapere cosa succeda dopo, mentre per il “vero credente” il discorso cambia, perché essendo dogmatico sa che la vita prosegue tramite la sua anima.
IL GIUBILEO E I TIMORI PER IL TURISMO A ROMA
Se deve pensare ai Giubilei del passato, Carlo Verdone si ritrova a pensare alla sua famiglia, a quello di 24 anni fa quando si ritrovò a dare consigli al padre che voleva confessarsi, ma non sapeva per quali peccati. Invece, in riferimento a quello ormai alle porte, è tornato sulla “piccola polemica” che ha avuto con il sindaco di Roma per i cantieri. A tal proposito, nell’intervista rivela che Roberto Gualtieri gli ha confermato che “si riuscirà a chiudere tutto“.
Lo stesso attore capitolino è consapevole del fatto che a Roma si riesca a cavarsela in extremis, ma comunque è convinto che la situazione migliorerà, non senza qualche timore. “Quello che mi preoccupa è che Roma non riesce a reggere una mole di turismo enorme“. Ciò è sicuramente un bene, ma Carlo Verdone non nasconde il rammarico per il fatto che la sua città viene sempre meno apprezzata per la sua bellezza, perché sta diventando “una città culinaria“.
L’ondata di fedeli e pellegrini non lo farà rinchiudere in casa, ma sicuramente sarà molto complicato muoversi a Roma per Carlo Verdone: “Il problema sono i bus turistici e le auto in doppia fila. Le strade in centro sono strette e i turisti ti guardano male pensando che siano tutte pedonali“.
DIO E LA CRISI DEL CRISTIANESIMO
Carlo Verdone è tornato su una sua vecchia dichiarazione: in passato ha confessato di aver preso in considerazione la possibilità di lasciare la sua amata Roma. Lo conferma e confessa di pensarci spesso, ma di non riuscire mai a farcela. “È una città che amo troppo, anche se ha perso molto della poesia di quartiere“. Ad esempio, si rammarica della scomparsa di fabbri, vetrai e altri artigiani, mentre dilaga la ristorazione.
Ecco, questa riflessione lo porta ad approfondire il tema della speranza, al centro del Giubileo 2025. “Dobbiamo sperare in un approccio a una dimensione spirituale che abbiamo completamente perso“, afferma l’attore e regista, che riesce a percepire la presenza di Dio lontano dalla magnificenza di alcune chiese, anche se chiaramente le apprezza per la loro bellezza. “Nella chiesa povera Dio lo sento di più”. Per quanto riguarda la crisi del cristianesimo, Verdone la sintetizza con un paradosso: “Oggi ci sono le palestre piene e le chiese vuote“.
L’attore è convinto che Papa Francesco stia facendo il possibile per arginare la crisi del cristianesimo, in tal senso il Giubileo 2025 è una occasione fondamentale per consentire alle persone di ritrovarsi. Infine, riguardo una sua possibile confessione, Carlo Verdone ammette di essere come suo padre che non aveva cose di cui vergognarsi, ma anche di dimenticarsi dei vecchi amici, ammettendo di dover trovare il tempo di rivederli. “Di questo, sì, mi pento“.
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