Onore delle armi a Biden, ma non alla sua corte

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Ora è possibile riflettere, al di fuori delle iperbole della campagna elettorale, sulla gravità di quanto accaduto con la presidenza Biden. Una situazione unica nella storia americana. Proprio su Huffpost, già nel 2021, riportavo le perplessità che negli Stati Uniti erano oggetto di discussione riguardo le condizioni fisiche e mentali del presidente Biden, con istituti come Rasmussen che intitolavano un sondaggio “Who’s in charge”, il cui risultato era che la maggioranza degli americani “non pensa che il presidente Joe Biden sia mentalmente e fisicamente in grado di fare il suo lavoro”.

Lo scandalo che ora emerge, anche grazie agli approfonditi resoconti di questi giorni del New York Times e del Wall Street Journal, è la domanda su chi sia stato realmente presidente degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni. Una risposta che qualcuno dovrà fornire.

Per anni lo staff della Casa Bianca, il partito democratico, buona parte dei media, per non parlare dei soliti inattendibili americanisti da salotto italiani, hanno insistito sul fatto che il presidente era in perfetta forma. Ricordo una intervista televisiva a Jill Biden sulla NBC, quando alla domanda della giornalista sulle voci ricorrenti riguardo il palese declino cognitivo del marito rispondeva con una risata: “ridicolo”.

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Le due recenti inchieste del New York Times e del Wall Street Journal descrivono un presidente mentalmente assente per tutto il suo mandato, sin dall’inizio. I membri più importanti del gabinetto non riescono a contattarlo. Lo staff prende regolarmente il suo posto agli eventi ufficiali. Biden si rifiuta di tenere riunioni mattutine e termina la giornata lavorativa alle 16, nonostante faccia anche un pisolino pomeridiano. Quante ore lavorava ogni giorno? Un’ora? Due ore? Come mai non è stato invocato da nessuno il XXV emendamento? Il pericolo di Kamala Harris presidente, che durante la campagna elettorale i media liberal hanno presentato come qualificata e vincente, era davvero così inquietante sia per i democratici che per i repubblicani?

Alti funzionari della sicurezza nazionale hanno riferito al Wall Street Journal che era stato loro comunicato che gli incontri con Biden potevano all’improvviso, indipendentemente dall’urgenza, essere “annullati”. Un consigliere per la sicurezza si è visto annullato un incontro programmato perché il presidente stava avendo “una brutta giornata”.

Tutto questo in un contesto geopolitico incendiario, mentre la Russia invadeva l’Ucraina, Hamas attaccava Israele, la Cina lanciava palloni spia sugli USA, la Siria di Assad implodeva, e così via.

Salvo rari casi come Federico Rampini, che ha sempre riportato con realismo le penose condizioni mentali dell’inquilino della Casa Bianca, cosa dire poi di alcuni giornalisti come Joe Scarborough della MSNBC che pochi mesi fa ha definito il presidente “intellettualmente, analiticamente… il miglior Biden di sempre”. O politici come il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz, che un paio di mesi prima del catastrofico dibattito di Biden con Trump aveva incontrato il presidente americano definendolo una persona “molto lucida” e che vincerà le elezioni. Quante bugie, quanta ipocrisia.

Quindi, la domanda è di nuovo: chi ha governato l’America negli ultimi quattro anni?

Appare evidente non solo per gli addetti ai lavori, ma per il mondo intero, che il presidente eletto Trump, da quando ha vinto le elezioni, viene trattato come presidente in carica. Cosa mai accaduta, tanto che al Congresso hanno commentato, usando il latino, che anche se Trump non è il presidente “de jure” lo è ormai “de facto”. E che questa bizzarra situazione sia attribuibile alle condizioni di Biden è lampante: quando Trump vinse nel 2016 e alla Casa Bianca sedeva Obama, il tycoon non toccò palla fino al giuramento del 20 gennaio.

Va considerato che nemmeno i membri più importanti del gabinetto, fin dal 2021, hanno avuto accesso a Biden per questioni di sicurezza nazionale, economia o crisi internazionali. In vista del ritiro dall’Afghanistan nel 2021 l’allora presidente della commissione per le forze armate della Camera, il democratico Adam Smith, ha cercato invano di raggiungere il presidente. Smith ha detto al Wall Street Journal che voleva disperatamente trasmettere al presidente le sue conoscenze e le sue gravi preoccupazioni sulla regione. Aggiungiamo Lloyd Austin, segretario alla difesa, che ha confermato di aver avuto contatti diretti “sempre più rari” con Biden negli ultimi due anni. Anche la segretaria al Tesoro Janet Yellen ha avuto “un rapporto a distanza” con Biden per tutto il suo mandato. Tutto filtrato da un ristretto cerchio magico a stelle e strisce.

Eppure a luglio, subito dopo il disastro del dibattito televisivo, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha continuato a raccontare fandonie umilianti più per lei che per i giornalisti presenti nella sala stampa: “[Biden] è più sveglio che mai… Quando entro nello Studio Ovale […] devo essere al top della forma”.

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Vanno menzionati anche altri membri dello staff di Biden, quelli che pubblicamente lo hanno definito “in forma” a un “livello senza precedenti” per qualsiasi presidente degli Stati Uniti in carica: Ron Klain (ex capo dello staff della Casa Bianca), Mike Donilon (consigliere senior) e Jennifer O’Malley Dillon (responsabile della campagna elettorale), per citarne solo alcuni.

“Non mi piace abusare della parola scandalo, ma più scopriamo su questo e sull’amministrazione Biden, più sembra uno scandalo. Mi vengono in mente due cose. Primo, chi stava davvero gestendo il governo? Barack Obama, Jill Biden o questi assistenti, rimasti dall’amministrazione Obama? Sono persone competenti e intelligenti, ma non elette”, si è chiesto giorni fa il corrispondente da Washington dell’autorevole sito Real Clear Politics.

Si otterrà dal Congresso un’indagine ufficiale e pubblica su quanto accaduto per quattro anni a una istituzione come la presidenza degli Stati Uniti? I pezzi del domino stanno cadendo rapidamente, le risposte su chi abbia realmente preso le decisioni e governato gli Stati Uniti rischiano di essere dirompenti. Molto, molto più di tante altre inchieste che vari esponenti del GOP in queste settimane stanno invocando per questioni decisamente più marginali rispetto l’usurpazione della presidenza da parte di una coorte senza nome e senza volto.



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