La scrivania di Togliatti, l’ammirazione per Vassalli («Un eroe della Resistenza, padre del codice di procedura penale che andrebbe però riportato alla sua versione originaria»), le citazioni in latino, i suoi libri sulla Giustizia sul tavolo. Carlo Nordio, Guardasigilli del governo Meloni, ex magistrato, il “terrore” delle Coop rosse e non solo, si accende una sigaretta e apre le porte del suo ufficio al ministero, in via Arenula. Temi sul tavolo, a volerne. È il day after la sentenza Salvini su Open Arms, ma anche del proscioglimento di Renzi e dei suoi per il caso Open. Politica e giustizia. Siamo sempre lì, dal ’92 in poi.
Ministro Nordio, partiamo da qua. Che segnale è l’assoluzione di Salvini?
«È un segnale plurimo. Il primo, che abbiamo la stragrande maggioranza di magistrati preparati e coraggiosi, che applicano la legge prescindendo dalle loro idee politiche. Il secondo, che questo processo, fondato sul nulla, non si sarebbe nemmeno dovuto iniziare: e comunque avrebbe dovuto coinvolgere anche Conte, allora presidente del consiglio, come concorrente in base all’art 40 2 comma del codice penale. Il terzo che in due casi identici, quello della Diciotti e della Gregoretti, erano state infatti adottate soluzioni opposte, sia a livello politico, negando l’autorizzazione a procedere, sia a livello giudiziario, con l’archiviazione. Il quarto, che bisognerà pur pensare a risarcire le persone che finiscono nella graticola giudiziaria per anni, perdendo la salute, i risparmi, e magari il posto di lavoro, perché qualche pm non ha riflettuto sulle conseguenze della sua iniziativa avventata e, in questo caso, incomprensibilmente limitata a un ministro solo».
È la fine della via giudiziaria iniziata trent’anni fa con Tangentopoli?
«Diciamo che non è l’inizio della fine, ma la fine dell’inizio. Come la magistratura dev’essere indipendente dalla politica, così quest’ultima deve esserlo dalla magistratura. Se, paradossalmente, Salvini fosse stato condannato, nulla sarebbe cambiato, perché chi è eletto dal popolo dipende dalla volontà di quest’ultimo, e può essere rimosso solo dopo una sentenza definitiva. Più in generale, auspico, nello stesso interesse della magistratura, che ogni sua inchiesta venga considerata assolutamente ininfluente nell’ambito politico».
Ma perché la separazione delle carriere è così importante?
«È un principio che adottano tutti i paesi del mondo, garantisce la terzietà del giudizio».
E i tempi?
«Entro l’estate dovremmo avere la doppia lettura, alla Camera e al Senato. A Montecitorio il primo sì tra gennaio e febbraio, poi si va a Palazzo Madama. Tre mesi per legge di pausa, poi la seconda lettura che dovrebbe essere de plano».
Con che maggioranza?
«Difficilmente ci saranno i due terzi, quindi si andrà a referendum. E me lo auguro: se ci fossero i 2/3, vista la malizia politica, qualcuno potrebbe insinuare accordi sottobanco. Mentre con il Referendum saranno i cittadini a decidere».
È vero che la Giustizia, anche prima del caso Open Arms, è diventata la “madre di tutte le riforme”?
«Sicuramente è quella che ha più possibilità di arrivare in fondo e nei tempi più rapidi».
Anche perché sull’Autonomia pesa anche la pronuncia della Corte Costituzionale. Da tecnico della giustizia, questo eviterà o no il Referendum? Ed eventualmente questo aspetto, politicamente, può impattare anche sulla separazione delle carriere?
«Sicuramente sull’Autonomia è necessario un nuovo intervento legislativo e poi si vedrà se ci sarà bisogno di Referendum oppure no. In ogni caso, si terrebbe prima quello sulla separazione delle carriere, con la differenza che quello sull’Autonomia sarebbe abrogativo, l’altro confermativo e quindi senza necessità di quorum».
Altro punto in discussione, l’uso del cosiddetto Trojan, il sistema di captazione di telefonate o messaggi. Come pensate di regolamentarlo?
«Intanto non si tocca la normativa su antimafia e antiterrorismo, basta con le stupidaggini che facciamo regali alla mafia. Il Trojan è uno strumento invasivo di molte vite, non solo delle persone sottoposte ad indagine ma anche a quelle loro vicine. E poi è uno strumento che, per le grandi organizzazioni criminali, è superato: ormai usano piattaforme numerose e frammentate».
Quindi?
«Può essere usato per indagini ad esempio sui grandi traffici di droga, per i reati di grave allarme sociale, per quelli connessi al Codice Rosso, come i femminicidi».
E per i reati contro la Pa, come la corruzione?
«Parlo come uno al di sopra di ogni sospetto, visto che con le intercettazioni ne ho fatti arrestare e condannare tanti. Ma vanno usate non come prova, ma come ricerca della prova. E il problema diventa la strumentalizzazione e la pubblicazione. Nell’inchiesta sul Mose le abbiamo utilizzate, e molto. Ma, sui giornali, non uscì una riga di migliaia e migliaia di pagine».
Tornando alla separazione delle carriere e agli aspetti della riforma. Si è detto che è la “riforma Berlusconi”, qualcuno più malignamente l’ha definita la “riforma Gelli”…
«Guardi, tutte le misure, il sorteggio dei membri del Csm, la creazione dell’Alta Corte, le carriere separate sono contenute nei libri che ho scritto: quello del ’97, “Giustizia”, che vendette 20 mila copie, quello del 2010 con Giuliano Pisapia. Questa è la riforma Nordio-Meloni, e lo rivendico. Del resto è stata Giorgia Meloni a volermi ministro, mentre si sa che Berlusconi avesse altre preferenze. Poi, rispetto a Gelli, anche un orologio rotto due volte al giorno segna l’ora giusta…».
Quando scriveva queste cose, come reagì la sinistra?
«Positivamente, quasi sempre. Ebbi grandi riconoscimenti da Emanuele Macaluso, Luciano Violante, lo stesso Pisapia. Persino D’Alema, che pure inquisii e poi ne chiesi l’archiviazione, nella bozza Boato della sua Bicamerale aveva ipotizzato l’Alta Corte di Giustizia. Poi la Bicamerale saltò e non se ne fece più nulla».
Quella sinistra non c’è più?
«La sinistra è riuscita ad ottenere per via giudiziaria quello che non aveva ottenuto per via politica: l’eliminazione dei cinque partiti di governo della Prima Repubblica. E lì hanno sempre convissuto due anime. Quella garantista, perché la sinistra dovrebbe difendere i più deboli, e di fronte al giudice sono tutti più deboli. E quella più giustizialista, che mira ad eliminare l’avversario per via giudiziaria».
Anche il Pci, Pds, Ds, Pd ha avuto persone indagate
«Ma da Mani pulite in avanti le indagini verso la sinistra sono sempre state più difficili, sia perché il finanziamento attraverso le Coop avveniva in maniera indiretta, e quindi più intelligente, sia perché le persone coinvolte, vedi il compagno G, Primo Greganti, non collaboravano».
Caso Albania, ma perché affidare alle Corti d’Appello il giudizio sui rimpatri? E si andrà avanti con i centri?
«Affidare la materia alle Corti d’Appello è più in linea con lo status libertatis delle persone straniere, vedi ad esempio il caso delle estradizioni. Poi ci aspettiamo che i rilievi vengano superati dal Consiglio europeo, che oltre ad aver aderito alla strategia italiana di costruire strutture all’estero, deciderà se anticipare il Patto migratorio dal 2026 al 2025».
Altro argomento. Era favorevole o contrario alla norma che equiparava gli stipendi dei ministri non eletti parlamentari a quelli eletti?
«Lo dico, anche qui, da persona al di sopra di ogni sospetto: sono pensionato, sono parlamentare… Ma è irrazionale che un ministro non parlamentare guadagni la metà di un deputato o senatore che magari lavora un terzo».
Perché è saltata la norma sul dovere dei giudici di astenersi da pareri su leggi che poi devono applicare?
«Dicevano i latini: esse est percipi, cioè essere ed essere percepiti sono la stessa cosa. Il giudice è terzo e deve essere imparziale, mentre il pm che rappresenta una parte come l’avvocato può avere più libertà e ne avrà ancora di più con la separazione delle carriere. Il giudice ha diritto di esprimersi come vuole, ma poi l’imputato lo può percepire non più come imparziale. Ed è la magistratura stessa che dovrebbe prendere le distanze da certe frasi, come quella di quel giudice che definì “pericoloso” il presidente del consiglio».
Ora si parla anche di un possibile sciopero dei magistrati
«Io non ho mai scioperato in vita mia e secondo me un magistrato può scioperare solo per il suo status impiegatizio. Che la magistratura scioperi contro una decisione del governo è di una gravità inaudita e il governo non cederebbe di un centimetro. Non è un colpo di Stato pensare di varare una riforma costituzionale secondo le procedure fissate dalla stessa Costituzione. Solo la veritas domini è in eterno…».
Quasi tre anni, in pieno toto-Quirinale, venne fuori il suo nome e lei disse: “Domine non sum dignus”. Quando si sentirà “dignus”?
«Bè, quando avrò portato a termine queste riforme e potrò tornare, dopo cinque anni, alla mia vita di gentiluomo a riposo. Allora mi sentirò dignus, ringrazierò la presidente del consiglio per l’incarico ricoperto e i colleghi. E no, non proseguirò nella politica».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link