Rischio sismico: un nuovo approccio a salvaguardia del patrimonio edilizio

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In quasi 60 anni, le spese sostenute dallo Stato per gli
interventi in emergenza e per la ricostruzione dopo eventi sismici
particolarmente gravi ammontano a poco più di 135 miliardi
di euro
, dei quali 20 miliardi dovrebbero essere spesi
ancora fino al 2047.

Prevenzione rischio sismico: un investimento che va oltre la
sicurezza

Questo è solo uno dei dati del
Rapporto
del
Centro
Studi CNI
Per un piano di prevenzione del rischio
sismico in Italia
”, che ha contribuito ad alimentare il
dibattito e il confronto sul tema in occasione della settima
Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica tenutasi a Roma lo
scorso martedì.

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“Nel corso del tempo – afferma Angelo Domenico
Perrini, Presidente del CNI
lo Stato, di fronte ad
eventi distruttivi, ha adottato un approccio che potremmo definire
‘inclusivo e mutualistico’. Si è sempre previsto che i costi di
ricostruzione sarebbero stati a carico delle finanze pubbliche e
che la ricostruzione ed il sostegno alle popolazioni colpite da
sisma non sarebbero durati per periodi brevi ma per decenni,
coscienti che la ricostruzione e la ripresa di un territorio
richiedano tempi lunghi. Tuttavia, anche in considerazione delle
ingenti risorse impiegate in tutti questi anni, ci si chiede se non
sia utile intervenire in modo capillare e ben calibrato a seconda
delle caratteristiche e livelli di rischio dei singoli territori
del Paese, con opere per la mitigazione del rischio sismico e la
messa in sicurezza degli edifici. Questa è esattamente la posizione
che noi ingegneri sosteniamo da tempo.”

Perrini ha anche sottolineato come di recente si
soa prevista l’utilizzazione di risorse pubbliche per la
realizzazione di opere di messa in sicurezza degli edifici, come
gli incentivi fiscali quali il Sismabonus
ordinario (2013) e il Supersismabonus (2020).
“Il problema è che questi interventi non sono mai ricaduti in un
quadro organico o in una sorta di Piano chiaramente definito nei
costi, nelle modalità di finanziamento, nelle modalità di
intervento nei singoli territori e nei tempi di realizzazione delle
opere. Su questo terreno resta ancora molto da fare”.

Perché puntare sulla mitigazione del rischio:
il report del Centro studi CNI

Dal terremoto della Valle del Belice nel 1968 fino ad oggi, di
fatto lo Stato ha speso oltre 2 miliardi l’anno per interventi
ricostruttivi. Facile quindi comprendere come convenga puntare
piuttosto sulla mitigazione del rischio sismico e
sulla prevenzione, a maggior ragione considerando l’enorme numero
di vite umane che potrebbero essere salvate e l’inestimabile
patrimonio storico e culturale che si potrebbe preservare.

Tra gli elementi che ostacolano maggiormente la messa in pratica
di tale approccio c’è la sostanziale carenza di dati di dettaglio,
quali ad esempio la conoscenza del reale stato di
conservazione di ogni edificio
, oppure sulla
localizzazione delle opere di prevenzione sismica finanziate con i
sismabonus, per un totale di spesa di oltre 40 miliardi di
euro.

Si tratta di informazioni che consentirebbero di rendere
concreto un piano di azione che preveda in successione di:

  • a) quantificare per ciascuna microzona geografica di rischio la
    spesa media di intervento;
  • b) stabilire il quadro delle priorità di intervento;
  • c) calendarizzare gli interventi in modo da procedere per
    gradi;
  • d) disporre di un sistema di incentivi certi e fissi nel tempo,
    per un arco temporale lungo.

Una linea di azione chiara ed efficace ma che senza le
necessarie informazioni rischia di rimanere sulla carta.

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Piano di prevenzione: coinvolti 18 milioni di immobili

“Nel dibattito, ormai decennale, sull’opportunità di
disporre di un Piano di intervento per la prevenzione del rischio
sismico
– afferma Marco Ghionna, Presidente del Centro
Studi CNI
– vi è un “convitato di pietra” che non ci
consente di fare un vero salto in avanti: si tratta della mancanza
di dati di dettaglio sullo stato di sicurezza strutturale degli
edifici residenziali

Dalle stime del Centro Studio CNI, un intervento estensivo
costerebbe allo Stato 219 miliardi di euro e della
stessa dimensione sarebbe la quota di spesa che i proprietari di
immobili dovrebbero realizzare, fermo restando che si tratta di
stime da affinare.

“Possiamo dire con certezza che nonostante molti sforzi
siano stati messi in campo, ci siamo mossi in un quadro
disorganico, sempre rincorrendo l’emergenza. Non siamo in grado di
fare prevenzione perché in realtà non sappiamo con esattezza dove
intervenire e non conoscendo in modo analitico lo stato di degrado
del patrimonio edilizio non siamo in grado di quantificare neanche
le risorse necessarie per intervenire nel lungo periodo. Per
questi motivi, l’analisi realizzata dal Centro Studi CNI in
occasione della VII Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica
può essere la base di partenza per ragionare, prendere atto di una
serie di criticità, capire come affrontarle e stabilire con
esattezza quante e quali risorse sono necessarie, e con quali
tempi, per avviare un piano credibile di interventi sul territorio
nazionale.”

Fatta salva la mancanza di dati di dettaglio sullo stato degli
immobili, il Centro Studi CNI ha provato ad elaborare una stima di
massima per comprendere l’ordine di grandezza di un intervento
estensivo sugli immobili residenziali.

Queste le stime:

  • il perimetro di intervento effettivo potrebbe attestarsi a 18
    milioni di immobili residenziali;
  • Gli interventi ad essi relativi, considerando livelli diversi
    di spesa media per metro quadro a seconda del grado di rischio
    sismico associato ad ogni area del Paese, richiederebbero una spesa
    pubblica di 219 miliardi di euro.

La parte restante dovrebbe essere a carico dei singoli
proprietari di immobili e considerando la necessità di distribuire
l’impegno su lungo termine, nell’arco per esempio di 30 anni, la
messa in sicurezza del patrimonio immobiliare costerebbe circa 7
miliardi di euro all’anno. “Vale la pena di ribadire che questi
dati vanno presi con beneficio di inventario e che occorre disporre
di una mappatura precisa dello stato di rischio degli edifici. In
questo caso potremmo addirittura scoprire che le risorse necessarie
per opere di prevenzione del rischio sismico potrebbero costare
meno di quanto ipotizzato
”.

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Eventi sismici e polizze catastrofali

Infine, sottolinea il centro Studi, oggi una stima dei costi
necessari per intervenire sugli edifici residenziali, in una
prospettiva di prevenzione del rischio sismico, non può prescindere
da elementi nuovi nel frattempo emersi dal dibattito pubblico, come
l’uso estensivo delle polizze catastrofali contro
eventi sismici.

Attualmente risulta che solo il 5% degli edifici è assicurato
contro il rischio sismico a fronte di almeno il 50% esposto a
rischio sismico grave. Per il CNI sembra quindi essere giunto il
momento di considerare un mix tra interventi di prevenzione del
rischio e sottoscrizione obbligatoria della polizza al fine di
contemperare esigenze e obiettivi diversi, punto di partenza per
l’avvio di un Piano di prevenzione del rischio sismico
efficace.





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