Turismo, alberghi pieni solo a Capodanno: la “destagionalizzazione” è ancora una chimera

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Genova. Non sarà forse un bicchiere colmo fino all’orlo, ma mezzo pieno sì. Si possono riassumere così le previsioni degli albergatori genovesi e liguri per le festività imminenti. Come di consueto le presenze sono fortemente concentrate sulla notte di San Silvestro che molti continuano a scegliere per un soggiorno in toccata e fuga, senza perciò contribuire all’obiettivo di una vera destagionalizzazione del turismo, che appare ancora lontana.

Le prenotazioni nel capoluogo di regione “stanno andando abbastanza bene, anche se non benissimo – spiega Laura Sailis, presidente di Federalberghi Genova -. Il 31 dicembre si arriverà a una buona occupazione, al momento non piena, anche se ci auguriamo che nei prossimi giorni si possa completare l’agenda. Come al solito gli hotel più piccoli sono facilitati, mentre i più grandi avranno qualche difficoltà. Questo Capodanno rispecchia l’andamento di quello precedente, l’unico cambiamento è che la clientela prenota un po’ all’ultimo momento: l’anno scorso la pressione sulla città era più alta”.

Anche a Capodanno si conferma la tendenza degli ultimi tempi: più stranieri che italiani. “In generale è stato così per tutto il 2024 – prosegue Sailis -. Il dato positivo è che da qualche anno gli stranieri scelgono Genova come meta turistica”. E c’è un altro dato incoraggiante: non tutto è mordi e fuggi. “Anche in questi giorni – continua l’albergatrice – notiamo qualche soggiorno leggermente più lungo, in media due giorni. Poi si compensa ancora con molte prenotazioni da una sola notte”.

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In riviera, invece, la componente straniera è molto più debole nella stagione invernale. “Stiamo ingranando lentamente – commenta Aldo Werdin, presidente di Federalberghi Liguria radicato nel Tigullio -. Francesi e svizzeri tengono ancora, ma Inghilterra e Germania sono sotto stress. Bisogna sopperire con gli italiani, che in questo momento soffrono un po’. Noi siamo l’alternativa a chi va in montagna, ma la neve quest’anno c’è e molti la preferiscono. Non parliamo più di vacanza di Natale, il soggiorno si è ridotto al 30-31 dicembre e già il 1° gennaio i clienti ripartono perché non c’è il ponte festivo”.

Le stime di occupazione sono buone, ma il 100% è quasi un miraggio: “Dipende dall’offerta – ragiona Werdin -. Gli alberghi di alto livello che organizzano un programma di animazione, con veglione e magari brunch il 1° gennaio, possono arrivare all’80-90%, a differenza delle strutture più piccole e lontane dal mare che si basano più sul turismo di passaggio”.

Insomma, un vero e proprio turismo invernale in Liguria, svincolato dai picchi (non certo clamorosi) delle festività, è un’idea ancora da sviluppare. O meglio, forse è un’idea da recuperare: “Cent’anni fa la gente veniva a svernare dalla Russia e dai Paesi nordici – riflette il presidente regionale di Federalberghi -. Ora vanno tutti sul Mar Rosso, negli Emirati. Dovremmo tornare a spingere il fuori stagione. Gli americani, ad esempio, amano fare passeggiate, perciò vanno di moda le Cinque Terre e il parco di Portofino, l’outdoor e le ciclabili nel Ponente. Bisogna valorizzare i periodi morti con la gastronomia, l’enologia, le passeggiate, i borghi antichi. Ma non si cambia da un giorno all’altro, serve una promozione costante che punti sulle nuove destinazioni. Inutile insistere sulle mete che conoscono già tutti”. Su Genova pesa il rallentamento del comparto business: “A novembre e dicembre ci sono stati pochi eventi, uno degli obiettivi da perseguire sarebbe lavorare sul turismo congressuale nei mesi di bassa stagione”.

In attesa di compilare le ultime caselle, la sensazione è che il 2024 si chiuderà pressoché in linea col 2023. “Non si può sempre fare di più, l’importante era riconfermare”, chiosa Werdin. Gli ultimi dati resi disponibili dall’Osservatorio regionale sul turismo si fermano al mese di settembre.

La provincia di Genova vede complessivamente un lieve calo degli arrivi (-0,8%) e delle presenze (-0,08%). Gli stranieri sono più numerosi (814.532) e crescono dello 0,05%, gli italiani inseguono (713.715) e calano ulteriormente (-1,75%). Il quadro è analogo guardando alle presenze: gli stranieri ne totalizzano un milione e 963.454 (+0,07%), gli italiani un milione e 859.858 (-0,24%).

E nel capoluogo? “L’anno è stato positivo ma in discesa rispetto ai numeri del 2023, anche a livello di tariffe”, risponde Salis. I dati – ancora parziali – restituiscono un quadro di sostanziale stabilità. Si assiste in effetti a un minima diminuzione degli arrivi (-0,21%) ma con un piccolo aumento delle presenze (+0,61%). Gli stranieri sono sempre la maggioranza (437.404) ma in calo dello 0,75%, gli italiani sono in minoranza (369.958) ma in ripresa (+0,43%). In termini di presenze, tuttavia, pesano di più gli italiani (894.629, +5,15%) degli stranieri (889.411, -3,58%). In generale calano gli arrivi negli alberghi (-1,86%) e aumentano quelli nelle strutture extra-alberghiere (+5,23%) ma il numero delle presenze segue una dinamica inversa: crescono gli hotel (+2,43%) e calano le alternative (-4%).





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