«C’è la stessa folla di San Gregorio Armeno. Ci vorrebbe un semaforo per i pedoni nel mercato della Pignasecca, come nella strada dei pastori», dice un anziano con le mani impegnate dalle borse della spesa. Non riesce a passare tra la folla delle stradine alle spalle di via Toledo nel centro di Napoli, piene di gente ai banchi di pesce e frutta nel giorno che le famiglie dedicano per tradizione agli ultimi acquisti per il cenone. Nonostante gli aumenti a Napoli, quest’anno si arriva anche al 15% di rincari rispetto al 2023 per la spesa di Natale, non si respira aria di crisi. I napoletani risparmiano per i regali quando si tratta di fare quadrare il bilancio familiare, non se si tratta di sedersi a tavola. Anzi, cresce il numero delle famiglie che preferiscono sfidare il tabù del Natale casalingo prenotando al ristorante.
«Sono sempre di più le famiglie che decidono di uscire da casa il 24 e il 25 dicembre, tanto da compensare il calo di turisti nei locali che abbiamo registrato quest’anno già all’Immacolata», è la conferma che arriva da Massimo Di Porzio, presidente dei ristoratori di Confcommercio. Quindi se il settore dell’abbigliamento cala del 15%, questo non vale per la gastronomia. Di Porzio, patron dello storico locale Umberto, riflette a voce alta: «Le persone ormai hanno capito che con quello che costa la spesa venire al ristorante non è un lusso». Al mercato della Pignasecca si ritrova chi non rinuncia a nessun piatto della tradizione nel menù del 24, anche restando a casa. «Le olive e il resto per l’insalata di rinforzo, non possono mancare nell’antipasto», racconta una signora che sceglie con cura cosa acquistare. E vuole consigli dalla commerciante di fiducia. «Ho chiesto come conservare questi ingredienti per i prossimi giorni, ho fatto la spesa anche per Capodanno», dice prima di farsi spazio tra la gente. Sul bancone di un pescivendolo le aragoste vive si muovono in una vasca, attirano l’attenzione di una comitiva di giovani turisti. «Stiamo scattando delle foto perché qui è tutto molto caratteristico, un’atmosfera unica», dice un ragazzo arrivato da Torino con un gruppo di amici. A comprare aragoste e astici sono, pero’, i napoletani. Si arriva a 60-70 euro al chilo per un’aragosta in questi giorni, ma nel mercato della Pignasecca ieri, fino a tarda sera, le offrivano a 40 euro.
«Per la vigilia di Natale torna mia figlia, che studia a Milano, e quest’anno si è portata due amiche che vogliono vedere Napoli. Voglio sorprenderle già con il primo, cucino lo spaghetto all’aragosta», afferma un’insegnante. Quanto accade nel Natale 2024 racconta l’importanza della buona tavola per i napoletani, al punto che la Campania ha il primato della regione più spendacciona d’Italia nella classifica Confcommercio. Con una media di 121 euro di spesa a persona per il cibo, secondo la stima di Coldiretti, supera il più ricco Nord. Anche quando ci si riunisce in tanti. «Quest’anno siamo una ventina, tutta la mia famiglia», spiega un pensionato che acquista il baccalà. «Lo facciamo fritto, non deve mancare», aggiunge prima di pagare. Non è l’unico a non volere rinunciare ai piatti della tradizione per l’impennata dei costi in queste feste. Se tutto quello che serve per il cenone è più caro, la stangata si concentra sul mercato ittico, con le vongole veraci a circa 55 euro al chilo. Lancia l’allarme Confcommercio Napoli: «I rialzi che interessano il comparto alimentare meritano la massima attenzione. Alcuni prodotti di largo consumo, tuttavia, registrano incrementi abnormi, come il burro che su base annua sale del 20%, mentre l’olio d’oliva rincara del 9,7%, la verdura fresca del 10,9% con punte del +23,7% per i pomodori e del +11,2% per l’insalata». Aumenti anche per il cenone nei locali, legato a quello delle materie prime, che non modificano il trend positivo. Felici non solo i proprietari dei ristoranti, ma anche quelli degli alberghi che hanno investito sulla cucina di qualità. «Per il cenone della vigilia di Natale stiamo assistendo a un trend inusuale e interessante. Aumentano i napoletani che decidono di trascorrere il 24 sera nei ristoranti degli alberghi. Meno impegni in casa, tra cucina e pulizia, e cene che garantiscono il rispetto delle tradizioni locali, sono tra i principali motivi di questo cambiamento» conferma Salvatore Naldi, presidente di Federalberghi.
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