Ancora un risarcimento record tra i precari della scuola, stavolta pari addirittura a 73.711,44 euro, tutti recuperati da un solo lavoratore a seguito del perdurare del suo stato di precarietà malgrado vi fossero tutte le condizioni per assumerlo in ruolo. Il risarcimento riguarda un docente di religione cattolica di Torino che ha alle spalle 25 anni di supplenze: l’insegnante, precario da un quarto di secolo, ha deciso di rivolgersi al sindacato Anief, che esaminata la situazione ha presentato ricorso evidenziando al giudice la reiterazione di contratti a termine su cattedre vacanti e quindi il palese contrasto rispetto alle direttive europee e le indicazioni nazionali e sovranazionali, compresa la Costituzione, che combattono le mancate e ingiustificate immissioni in ruolo dopo un periodo di precariato di 36 mesi. Il legale che opera per Anief ha, in particolare, ha ricordato al giudice del levaro la mancata applicazione della Direttiva UE 70/CE del 1999, le tante sentenze che hanno già condannato la nostra amministrazione scolastica, fino al recente deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea per l’eccesso di supplenze e mancate stabilizzazioni.
“La verità – Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che il nostro Paese deve adeguarsi e in fretta alle richieste che arrivano dell’Unione europea sulla stabilizzazione del personale della pubblica amministrazione, a partire da quello che lavora nella scuola dove un insegnante su quattro, visto che le 250mila supplenze annuali che si ripetono ormai da qualche anno, non solo non è di ruolo, ma rischia di andare in pensione da precario, come è accaduto al nostro docente di religione che però ora ha avuto giustizia. L’abuso dei contratti a termine che penalizza i supplenti della scuola per una lunga serie di ragioni non è più tollerabile: c’è una legge, approvata proprio grazie all’insistenza dell’Anief, che permette di ottenere, tramite ricorso, un risarcimento pari sino a 24 mensilità dell’ultima retribuzione ricevuta. Questi risultati ci dicono che vale la pena affidarsi all’Anief per avere un risarcimento adeguato al danno ricevuto”.
“Nel caso del ricorso vinto per il docente di Religione precario da 25 anni, il giudice di Torino- ha commentato l’avvocato Giovanni Rinaldi che operando per Anief ha difeso brillantemente i diritti del docente precario di religione – non ha fatto altro che applicare il nuovo regime sanzionatorio, contenuto nella Legge 166 del 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale poco più di un mese fa: nella sentenza si spiega, infatti, che è stato condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito al massimo della sanzione, pari a 24 mensilità. Riteniamo che sia stato in tal modo fatto davvero un bel regalo di Natale al nostro ricorrente, dopo tantissimi anni di ingiustizia subìta in campo lavorativo a causa della mancata stabilizzazione nei ruoli dello Stato italiano”.
COSA STA FACENDO ANIEF PER CONTRASTARE L’ABUSO DI PRECARIATO
Alcune settimane fa, Anief ha pubblicato un manifesto in cui ricordava le battaglie fatte dalla sua fondazione e aveva chiesto, con un emendamento al decreto Salva Infrazioni, delle precise modifiche per attuare il principio di non discriminazione tra personale precario e di ruolo, quindi per estendere il doppio canale di reclutamento alle graduatorie di tutti gli idonei e a quelle delle supplenze. Nel frattempo, dopo quasi tre lustri di lotte per convincere lo Stato italiano a stabilizzare i precari e garantire la parità di trattamento e risarcirli adeguatamente, giusto un mese fa Anief ha ottenuto dal nostro Governo il raddoppio dell’indennizzo per mancata immissione in ruolo arrivando a produrre ricorso al giude per ottenere 24 mensilità, quasi 40mila euro netti recuperati sempre a seguito dell’abuso dei contatti a a tempo determinato.
L’ANNUNCIO DI OTTOBRE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La notizia del deferimento dell’Italia da parte della Commissione europea.
Bruxelles, 3 ottobre 2024
Oggi, la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver posto fine all’uso abusivo dei contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie (Direttiva del Consiglio 1999/70/CE). Secondo la Commissione, l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione riguardo alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di contratti a tempo determinato successivi.
La Commissione rileva che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede un progresso salariale incrementale basato sui periodi di servizio precedenti. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progresso salariale. Inoltre, contrariamente alla legge dell’UE, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola la normativa dell’UE sui contratti a tempo determinato.
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di diffida formale nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione. Saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico.
TUTTE LE FASI CHE HANNO PORTATO AL RECORD DI PRECARI NELLA NOSTRA SCUOLA
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