l’Abruzzo si prepari o l’onda ci sommergerà»

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Il 2025 è già alle spalle se lo guardi con gli occhi di chi, il futuro, dovrebbe quasi prevenirlo. Antonio Teti, responsabile del settore sistemi informativi, innovazione tecnologica e sicurezza informatica dell’università d’Annunzio, dove è docente di It Governance e Big Data, osserva l’Abruzzo da una postazione altra, prima ancora che alta. Una sorta di grandangolo che però mantiene inalterate le proporzioni della visione.

E allora che 2025 sarà per questa regione?

«Sarà un anno in cui l’Abruzzo non potrà non fronteggiare le evoluzioni nel campo della tecnologia. E parliamo, naturalmente, dell’intelligenza artificiale. Quello con l’innovazione tecnologica è un appuntamento non più rinviabile, che va affrontato con un ruolino di marcia che non può essere disatteso».

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Lavorando su cosa?

«Si dovrebbero iniziare a sperimentare gli Ia agent, assistenti in grado di organizzare compiti e amministrare in maniera virtuosa la catena di valori di un’azienda e anche di una pubblica amministrazione. Ragioniamo ad esempio sull’industria del turismo: potremmo avere sistemi che lavorano 24 ore su 24, 7 giorni su 7, offrendo consigli personalizzati e risolvendo i problemi dei viaggiatori. Non basta avere un territorio eccellente, bisogna saperlo valorizzare mettendo a disposizione risorse all’avanguardia. Soluzioni a cui noi come università stiamo già lavorando».

Guardiamo al futuro partendo da quale presente?

«Il presente di oggi è di sistemi che non ancora sfruttano completamente la digitalizzazione. Io oggi vado al cup di una Asl, prendo un biglietto da un distributore automatico che è meno tecnologico di quello di un qualsiasi negozio, attendo due ore e poi firmo quattro fogli di carta per un esame. Ecco parliamo di intelligenza artificiale, ma non è possibile che continuiamo ad utilizzare ogni giorno una grande quantità di carta. Nella pubblica amministrazione come nelle aziende».

Cosa chiedere allora al 2025?

«Una rivoluzione culturale nell’approccio con l’innovazione tecnologica, perché se non iniziamo non riusciremo mai a fare lo scatto necessario e siamo destinati a soccombere. Abbiamo aspettato anche troppo. Anche il mondo imprenditoriale deve evolversi, sia nei settori primari che nel manifatturiero e nel terziario. Non si può pensare di far andare avanti un’azienda con schemi mentali da anni Ottanta e Novanta. Siamo in una fase di cambiamento epocale, come un’onda gigantesca che ci assale e allora o ti metti su una tavola da surf e la cavalchi o affoghi».

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Concretamente?

«Pensiamo alla sanità, uno dei settori più critici. L’intelligenza artificiale può fare cose straordinarie sul piano della prevenzione, delle terapie, dello snellimento delle code».

Significa che alcune figure potrebbero essere sostituite?

«Certo, ma questo consentirebbe di investire maggiormente nelle professionalità e nei settori strategici, lavorando anche su una riqualificazione del personale non destinato all’uscita. È sempre un problema di approccio. Resta complesso il rapporto tra tecnologia e sicurezza, aziende e pubblica amministrazione cercano di attrezzarsi, ma non basta il corsetto di un giorno o due. La sicurezza informatica è una cultura che va assimilata attraverso formazione, regolamenti interni e dotazioni informatiche. Bisogna capire che questi elementi non sono un centro di costo, ma un centro di valori. La formazione deve essere continua. E se vogliamo guardare al futuro dobbiamo anche dire che pensare di assumere competenze di alto profilo nella pubblica amministrazione, con le retribuzioni attuali diventa un sogno. Così spesso ci si rivolge ai privati. Ma ci chiediamo come e da chi vengono selezionate ditte che poi hanno disponibilità di un sistema di informazioni delicatissimo?»

Quale emergenza ha l’Abruzzo oggi?

«Deve snellire le procedure e aumentare le competenze. Non è possibile che la mancanza di competenze sia considerata uno strumento secondario. Le tecnologie sono lo strumento per fronteggiare le sfide e per questo le competenze sono necessarie. Abbiamo bisogno di risanare quelli che oggi sono veri e propri carrozzoni».

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«Gli consiglierei di verticalizzare la formazione su un percorso a indirizzo scientifico. Per le lauree umanistiche la vedo dura».

Un augurio all’Abruzzo

«Mi auguro di vederlo risorgere dopo anni di letargo. Alla base, torno a dirlo, c’è una mancanza di cultura a 360 gradi e questo è un problema che va assolutamente risolto. Altrimenti non vedo un futuro roseo».

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