D’Angelo a Primocanale: “Chi non si sente di destra guardi al nuovo centro” – Primocanale.it

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La ricetta del centrosinistra per tentare la vittoria? Allearsi, provare a colpire uniti per tornare a ricoprire i ruoli apicali che mancano oramai da troppi anni. E se con Regione Liguria il cosiddetto campo progressista non c’è riuscito, il prossimo appuntamento elettorale è da dentro o fuori. E per farlo, si guarda già alle Comunali della prossima – presumibilmente – primavera. Insomma, come si dice nei match di calcio, la sfida è da ultima spiaggia. Lo sanno bene anche i vertici del Partito Democratico che, nonostante l’exploit di voti, si sono leccati le ferite per la sconfitta subìta il 27 e 28 ottobre scorsi, al fotofinish. I dem hanno sfiorato il 29% sul territorio ligure e hanno superato il 30% a Genova, luogo da dove ripartire per provare a invertire la rotta. Ma i numeri non sono bastati per tornare ad amministrare la Regione. Musica per le orecchie del segretario metropolitano Simone D’Angelo, fresco di ingresso in consiglio regionale. Giornate di studio e di adattamento, per l’ex capogruppo Pd in Comune a Genova, dove ha ceduto la carica a Davide Patrone e lo scranno a Vittoria Cerchi Canessa. “Ovviamente la speranza era quella di iniziare questo percorso tra i banchi della maggioranza, non certo da quelli dell’opposizione, ma lo spirito è lo stesso che avevamo impegnato nel caso fossimo stati eletti come maggioranza – commenta a Primocanale il consigliere regionale del Partito Democratico Simone D’Angelo -. Da parte nostra non stanno mancando le proposte concrete, costruttive e anche ovviamente quella modalità di incalzare chi oggi è chiamato a governare la Regione, rispetto a quelle questioni sulle quali noi non riteniamo che le scelte siano giuste. In questi giorni abbiamo spesso sollecitato l’amministrazione Bucci a rivedere il piano di riduzione degli studi scolastici della nostra Regione, in particolar modo nel comune di Genova. Abbiamo chiesto un focus rispetto al tema del ciclo dei rifiuti. In questi giorni stanno arrivando i conguagli della Tari e tanti genovesi si rendono conto di cosa significare non fare delle scelte determinanti a livello regionale e comunale. Penso che questo ruolo che noi stiamo svolgendo con serietà passi anche da raccogliere quegli impegni presi anche in maniera bipartisan durante la campagna elettorale, penso al no al rigassificatore di Savona dove abbiamo chiesto un impegno formale che purtroppo non è ancora arrivato da parte del governo regionale di Marco Bucci ma che speriamo arrivi il 7 gennaio, alla ripresa del lavoro del consiglio”.

Andrea Orlando ha sciolto le riserve e ha deciso di rimanere in Liguria. Vi conoscete bene, fate parte della stessa corrente. Crede che questo titolo che alcuni gli associano, di “federatore”, sia opportuno?

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“Innanzitutto mi faccia dire che sono pochissimi coloro che si candidano alla guida di una Regione e non risultando vincenti poi restano alla guida dell’opposizione. Il caso di Andrea Orlando penso sia un caso che lo riconcilia anche con i cittadini che hanno espresso il loro voto, arrivo a dire in maniera bipartisan perché chi ha votato alle elezioni regionali sceglieva proprio tra Marco Bucci e Andrea Orlando. È importante che nel consiglio regionale della Liguria vengano rappresentate quelle dinamiche, quella dialettica che c’è stata in campagna elettorale, ovviamente con spirito istituzionale, ma sulla quale penso che Orlando abbia dato dimostrazione di coerenza e di serietà, elementi necessari per gestire la cosa pubblica ma purtroppo non scontati. Penso che questo sia un segnale positivo che il Partito Democratico, come il centrosinistra tutto abbia dato a questa regione e soprattutto al Comune di Genova che sarà chiamato tra qualche mese a votare il nuovo sindaco”.

Possiamo quindi dire che Orlando sarà federatore di quell’opposizione che in Regione è compatta, lo è stata anche negli anni scorsi, ed è colui che guarderà dall’alto quello che succede invece per il Comune con questi incontri e questo inizio di formazione? A partire da quello di venerdì pomeriggio al teatro di Stradanuova?

“Penso che lo abbia espresso in maniera chiara Andrea Orlando nelle sue parole, la sua volontà è quella di lasciare e di preservare un patrimonio composito di una piattaforma programmatica che ha unito un campo ampio di forze politiche e civiche e allo stesso tempo preservare quel patrimonio elettorale che ha consentito alla coalizione progressista di essere in testa nelle città principali della nostra regione e di perdere per un numero di voti esiguo, ridotto, seppur significativo quando si perdono le elezioni. Penso che questo ruolo di coordinatore, più che di federatore, della coalizione progressista, che Andrea Orlando ha messo a disposizione sia qualcosa di molto positivo, ma ho letto, devo dire la verità, nelle sue parole grande generosità, è un elemento che forse in politica si sente poco e si vede poco e penso che invece Orlando in questi giorni sia una grande rappresentazione di quello che può essere la generosità in politica”.

D’Angelo, lei è il segretario metropolitano di Genova, sarà lei a gestire questa partita – che non è affatto semplice – di mettere insieme quelle forze che ci staranno e poi di scegliere un candidato che possa rappresentarle, si prende questo onere e onore?

“Io credo che la sfida di Genova arriverà in un momento, cioè la primavera del 2025, dove l’attenzione di tutto il paese sarà rivolta alle elezioni comunali di Genova che saranno sicuramente un test significativo sia per quanto riguarda il livello locale, perché sono i cittadini e le cittadine genovesi che dovranno esprimere il loro voto, ma anche per quello che riguarda il livello nazionale, essendo l’unica grande città che andrà al voto in primavera. È ovvio che come Partito Democratico ci siamo posti in una posizione di garanzia, ma con la volontà di risultare quel partito in grado di allargare il più possibile la nostra coalizione, a chi c’era in questa campagna elettorale, a chi non c’era perché è rimasto a casa, a chi non c’era perché non si è sentito pienamente rappresentato dal nostro campo politico. È altresì vero che il segretario di un partito importante come il Pd ha un ruolo significativo, ma penso che da parte nostra, da parte mia, ci sia soprattutto la volontà di sottolineare la necessità di stabilizzare una piattaforma programmatica che abbiamo costruito in questi anni con un’agenda sociale molto forte e rivolta in realtà non solo ai nostri alleati ma alla città tutta. Cercheremo di farlo con quello spirito che Orlando ci ha consegnato, quello della generosità”.

Non sarà quindi il Pd da solo a decidere, ci sarà una condivisione sia nel Partito Democratico e anche e soprattutto con la coalizione? E allora le chiedo, lei che coalizione sognerebbe? Se potesse decidere in autonomia.

“Io credo che con il sistema bipolare, che ovviamente ci viene consegnato da quelle che sono le regole del gioco, è ovvio che la coalizione progressista dovrà avere un campo più largo possibile, un campo che sappia tenere insieme tutti coloro che si sono opposti in questi anni alle politiche scellerate di Marco Bucci e Pietro Piciocchi, ma allo stesso tempo coloro che si riconoscono in una piattaforma di governo per questa città alternativa a chi l’ha governata. Io onestamente non amo le geometrie, la tattica, ma penso che onestamente la nostra coalizione debba tenere insieme i compagni di viaggio di questi anni, dal Movimento Cinque Stelle all’Alleanza Verdi-Sinistra, ai movimenti civici, a tutti quei partiti che a volte si vedono un po’ meno ma che sono molto presenti. Ma io penso che ci sia poi un tema che riguarda in parte anche il PD, che in questi anni a Genova forse ha anticipato una scelta anche nazionale con l’intenzione di riposizionarsi come un partito con un’identità forte, un partito di centrosinistra con dei valori radicati e fortemente di sinistra che ci ha portato a recuperare tanti voti a Genova in termini assoluti, soprattutto nei quartieri popolari. È evidente che c’è un pezzo di elettorato che qualcuno definisce di centro, ma che poi quell’elettorato mobile fa fatica a ritrovarsi nella piattaforma politica del centrosinistra. Su questo io credo che l’iniziativa di Beppe Sala a livello nazionale insieme a Ruffini, l’idea di rimettere insieme un campo di centro riducendo un po’ le liti che ci sono in questo campo negli ultimi anni, per dare la possibilità a chi non si sente di destra di stare nel centrosinistra, ecco penso che Genova possa rappresentare una prima sperimentazione anche di un centrosinistra così allargato”.

Sicuramente quello a cui lei fa riferimento è un progetto in embrione che cerca di traguardare il 2027 a livello nazionale, quando si voterà. Ma segretario, Genova ci arriverà prima alle urne, quindi banalmente Italia Viva e Azione saranno della partita? Lei si impegnerà a provare a farli entrare, a farli stare insieme a voi?

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“Io credo che quando ci si qualifica come alternativi alla destra significa accettare un programma di sinistra e di centrosinistra. Su questo io non credo agli steccati, ai muri, non chiedo neanche di fare l’analisi del sangue a chi decide di aderire a una piattaforma politica, serve però la convinzione che la piattaforma politica alternativa alla destra sia la propria”.

Quindi, tradotto?

“Insomma, ambiguità non ce ne possono essere. Penso che noi abbiamo riconquistato, anche con un forte rinnovamento, credibilità in questa città. Non possiamo perderla con geometrie e tattiche che interessano a pochi se non, addirittura, a nessuno”.

Segretario, serve però anche un nome. Le persone devono conoscere chi li rappresenterà, devono fidelizzare con quel volto, con quel candidato sindaco, quindi le chiedo: che tempi si dà?

“Io credo che il mese di gennaio sia il mese nel quale la coalizione progressista e il Partito Democratico saranno chiamati a definire il perimetro programmatico e la migliore persona in grado di rappresentarlo con credibilità e autorevolezza rispetto ai cittadini genovesi. Quindi su quello penso che il mese di gennaio rappresenti la deadline naturale del nostro lavoro iniziato in queste settimane”.

So che non ama parlare di nomi ma quelli che circolano in queste settimane lei si sente di confermarli o smentirli? O sono solo dietrologie giornalistiche?

“Cerco sempre di sfuggire dal toto nomi giornalistici, anche se, a dire la verità, mi fa anche piacere leggere molti nomi di dirigenti e amministratori del Partito Democratico”.

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C’è anche il suo tra questi D’Angelo.

“Sì, ma quella invece è una tendenza giornalistica che tendo a schivare (ride ndr). Ma al di là delle battute, io credo che sia importante perché riconsegna l’immagine di un partito che ha saputo riconnettersi con questa città e quindi il candidato lo sceglieremo insieme alla nostra coalizione, insieme a chi aderirà alla piattaforma alternativa, con grande convinzione, che il candidato migliore è quello più credibile verso la città e quello che tiene unita la coalizione più ampia possibile. I nomi ci sono, le risorse ci sono, la voglia di vincere a Genova c’è ed è tanta, l’hanno dimostrato gli elettori che alle elezioni regionali hanno premiato il centrosinistra con molti voti, più che verso il centrodestra, guidato tra l’altro dal sindaco di Genova uscente. Non possiamo tradire questa fiducia”.

Com’è il vostro rapporto attuale con il Movimento Cinque Stelle? La nuova versione di Conte che si definisce progressista indipendente ma non di sinistra cosa può comportare qui? Qual è il suo auspicio e il suo appello al Mov5s?

“Io credo che la nuova veste del Movimento 5 Stelle a livello nazionale forse tolga qualche ambiguità che a livello locale onestamente non abbiamo mai trovato, perché abbiamo sempre collaborato benissimo sia a livello comunale sia a livello regionale. L’auspicio ovviamente è quello di riuscire a preservare il lavoro fatto in questi anni con serietà, con collaborazione, per dare ai cittadini genovesi l’alternativa che meritano nei Municipi e in Comune. Credo che la regola di ingaggio utile, per quando si costruisce una coalizione, è rispettare le differenze e valorizzare invece quelli che sono gli elementi comuni che sono molti di più di quelle che sono le differenze che possono esserci tra noi”.

D’Angelo, alla fine pensa che il candidato sarà un politico o un civico?

“Diciamo che io ho sempre rifiutato la conflittualità o lo scontro tra la società civile e la politica. Oggi la politica ha bisogno della società civile così come la società civile è impegnata nelle attività solidarie e sociali ed è una società civile che fa politica. Quindi credo che il candidato avrà dei canoni politici a prescindere dall’ambito nel quale va a svolgere il proprio impegno che sia il terzo settore, che sia l’associazionismo, che sia un partito”.

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