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ROMA La morale di questa brutta storia è che non va mai perso di vista il valore del garantismo, che servono prove provate in sede giudiziaria prima di gettare le persone – politici e non politici – in pasto al tritacarne mediatico e alla gogna per anni e anni, distruggendo vite e carriere. La notizia è che Matteo Renzi, Maria Elena Boschi («Finalmente finisce un incubo»), l’ex politico Luca Lotti (difeso dal professor Franco Coppi e dall’avvocato Ester Molinaro), l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi, indagati nell’inchiesta sulla Fondazione Open, nata per sostenere le iniziative politiche del leader di Italia Viva quando era segretario del Pd, sono stati tutti prosciolti. La decisione è del Gup di Firenze, Sara Farini. Erano imputati per il reato di finanziamento illecito ai partiti. E Matteo Renzi: «Si è trattato di uno scandalo assoluto, ho vissuto cinque anni da appestato».
Per l’accusa Open – il cui presidente era Bianchi e il Cda comprendeva Boschi, Lotti e Carrai – avrebbe agito come una vera e propria articolazione di partito, e in particolare della corrente del Pd legata a Renzi. Circa 3,5 milioni di euro i soldi che per la procura, sarebbero arrivati nelle casse dell’ente dal 2014 al 2018 in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti. Accuse contestate da Renzi che ha ingaggiato una battaglia anche a colpi di denunce contro i pm dell’inchiesta. L’udienza preliminare si era aperta il 3 aprile 2022 e si è protratta per oltre due anni, con anche un ricorso alla Consulta sul conflitto di poteri.
La soddisfazione dell’ex premier è naturale, ma si unisce alla preoccupazione – al netto del lieto fine di questo suo caso personale e politico – per come certo protagonismo dell’accusa in sede giudiziaria finisca per produrre danni che rimangono. «Uno scandalo assoluto – dice Renzi – mi sono trovato a vivere e a tutti quelli che avevano letto le carte proprio uno scandalo appariva, ma nonostante il trattamento subito sono stato politicamente massacrato da tanti, a cominciare da Fratelli d’Italia e dai Cinque Stelle. Dopo anni di sofferenza oggi arriva il proscioglimento per me e per i miei amici sia politici come Maria Elena e Luca sia professionisti come Marco, Riccardo, Alberto e tutti gli altri. Oggi in tanti dovrebbero scusarsi, Meloni e Travaglio in primis. Non lo faranno. Pace». Poi un messaggio al magistrato che lo ha indagato: «Al pm che mi ha accusato – Luca Turco, lo stesso che ha aggredito la mia famiglia – non ho niente da dire. Mi spiace solo che vada in pensione dopodomani senza pagare per le sue perquisizioni illegittime e per la sua indagine incostituzionale. Chi sbaglia paga vale per tanti italiani, non per lui».
LE REAZIONI
Nella gara della criminalizzazione si sono uniti i nemici di Renzi di destra e i nemici di Renzi di sinistra. Il prodotto è stato quello che Carlo Calenda – ieri, congratulandosi per il proscioglimento pur non essendo affatto un amico di Matteo – ha chiamato «persecuzione» contro Renzi, Boschi e gli altri. Dal Pd, ma solo dalla corrente ex renziana, stanno arrivando tante dichiarazioni di soddisfazione per come è andata a finire questa storia. E dal fronte opposto, ecco Matteo Salvini: «Bene come s’è conclusa questa vicenda Open, noi siamo garantisti».
Il sospiro di sollievo di Luca Lotti, ora dirigente dell’Empoli Calcio, è questo: «Anche il caso Open è chiuso. Ed è stato un caso che mi ha ferito molto perché era un’accusa brutta, un’accusa di quelle che anche solo a nominarle fanno male per chi come me ha sempre creduto nella politica che ha voglia di fare, nella politica come impegno per il bene comune». E ancora: «Mi resta il rammarico per chi con codardia ha usato il caso Open per vendicarsi personalmente di qualcos’altro». Il leader di Italia Viva è ancora più esplicito: «Con questa inchiesta farlocca volevano assassinare un progetto politico». Ora Renzi si sente più leggero. E più lanciato nella sua idea che serve un centro, alleato al Pd di Schlein, per battere Giorgia Meloni.
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