Pensioni, dopo 20 anni di contributi quanto vale l’assegno? Ecco gli importi e le simulazioni

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Non sempre 20 anni di contributi sono sempre sufficienti per andare in pensione, anche se oltre a questo requisito contributivo si aggiunge anche quello anagrafico dei 67 anni di età. Ci sono varie possibilità sul tavolo. In ogni caso, quanto si può prendere di assegno dono 20 anni di versamenti? Non c’è in realtà una risposta unica. Per calcolare l’ammontare bisogna conoscere il tipo di sistema pensionistico applicato, l’età anagrafica e il momento in cui è iniziata la contribuzione previdenziale. È bene comunque programmare l’eventuale uscita con largo anticipo e studiare la convenienza di una pensione integrativa da affiancare a quella obbligatoria, così da assicurarsi un buon tenore di vita anche dopo il periodo lavorativo. 


LE OPZIONI

A dare un’idea delle possibilità sul tavolo è un’analisi dell’ufficio studi di Moneyfarm. Le legislazione sulla previdenza obbligatoria è in costante aggiornamento e prevede diverse casistiche, per le quali valgono regole diverse. Se 20 anni di contributi e 67 anni di età sono sufficienti per chi ha iniziato la contribuzione previdenziale prima del 31 dicembre 1995, questo non vale per chi invece ha iniziato a versare contributi pensionistici dopo questa data limite. In quest’ultimo caso si aggiunge anche un ulteriore requisito: occorre che il contribuente abbia maturato un assegno pensionistico pari o superiore ad 1,5 volte rispetto all’assegno sociale, che per il 2022 è pari a 480 euro.

Nel caso in cui il contribuente non sia in possesso di questo requisito, dovrà aspettare il compimento dei 71 anni per accedere alla pensione di anzianità, nonostante possa vantare 20 anni di contributi pensionistici. Inoltre, La legge di Bilancio 2025 appena approvata modifica i requisiti per l’accesso al pensionamento anticipato contributivo a 64 anni grazie all’inclusione della previdenza complementare ai fini del raggiungimento dell’importo soglia. Tuttavia, la stessa modifica rende il requisito di contribuzione ancora più severo per chi si avvale di questa facoltà, portandolo da 20 a 25 anni, a 30 anni dal 2030. Gli stessi lavoratori non potranno cumulare la pensione con i redditi di lavoro sino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia. Alla luce delle novità molti lavoratori dovranno quindi riconsiderare le loro strategie di uscita dal mercato del lavoro. Un esempio di calcolo può essere di aiuto.  

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L’ASSEGNO

Ma a quanto ammonta la pensione con 20 anni di contributi? Dipende da diversi elementi, come ad esempio l’applicazione del sistema pensionistico retributivo, contributivo o misto, la retribuzione percepita durante gli ultimi anni di lavoro e l’ammontare della contribuzione. Gli esempi elaborati da Moneyfarm sono eprò di aiuto per fare un po’ di chiarezza e capire l’importo dell’assegno pensionistico che si andrà a percepire. Ripartiamo dunque dalla premessa di base. Raggiungere i 20 anni di contribuzione previdenziale non sempre è sufficiente per ottenere l’agognata pensione.

Per poter andare in pensione occorre anche raggiungere il requisito anagrafico dei 67 anni, ma solo per i lavoratori che hanno versato contributi prima del 1° gennaio 1996. Questa data limite slitta invece al 1° gennaio 2011 se il contribuente ha già raggiunto 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995. Cosa succede se il contribuente ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995? In questo caso occorre un altro requisito, ossia l’assegno pensionistico deve essere pari ad almeno 1,5 volte rispetto all’assegno sociale. Visto che per il 2022 l’assegno sociale era pari a 480 euro, l’assegno sociale deve essere di almeno 702 euro al mese, altrimenti si dovranno attendere i 71 anni d’età per ottenere l’assegno di anzianità. I 20 anni di contributi non assicurano quindi in automatico la possibilità di andare in pensione a 67 anni, ma in alcuni casi occorrono anche altri requisiti. 

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La legislazione  previdenziale viene aggiornata in modo costante e si adegua con alcuni automatismi rispetto all’aspettativa di vita, che tende a crescere nel tempo. Quali requisiti minimi bisogna avere per ottenere la pensione di vecchiaia? Eccoli:

-Avere almeno 67 anni di età;

– 20 anni di contributi maturati prima del 1° gennaio 1996 oppure entro il 1° gennaio 2011 se si sono raggiunti i 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995;

– Il sistema pensionistico applicato deve essere retributivo o misto;

– L’importo dell’assegno pensionistico deve essere pari ad almeno 1,5 volte rispetto all’assegno sociale (che era di 480 euro per il 2022), quindi deve raggiungere almeno 702 euro. Quando invece il contribuente sfora il limite reddituale, 67 anni non sono più sufficienti per andare in pensione, ma bisognerà attendere altri 4 anni e compiere 71 anni di età.

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ALIQUOTA CON 20 ANNI DI CONTRIBUTI

Per calcolare la pensione dopo 20 anni di contributi, bisogna conoscere l’aliquota applicata, che nel caso del sistema retributivo è pari al 2%. Questo significa che la pensione riconosciuta sarà pari al 40% della retribuzione media degli ultimi anni. Con una media retributiva di 40.000 euro l’anno, la pensione lorda sarà pari a circa 16.000 euro l’anno. La situazione cambia se il sistema pensionistico è contributivo, perché non si parla di aliquota, ma di un coefficiente di trasformazione che è pari al 5,575% per chi ha versato 20 anni di contributi. Questo coefficiente si applica al montante contributivo, ossia alla totalità dei contributi versati. Con una retribuzione media annua di 40.000 euro, il totale dei contributi versati sarà di 264.000 euro e la pensione lorda sarà quindi di 14.718 euro (cioè il 5,575% di 264.000 euro).

In caso di sistema contributivo misto, il calcolo della pensione è più complesso perché si devono conteggiare gli anni di maturati nei due sistemi previdenziali, retributivo e contributivo. Ipotizzando che si tratti di 10 anni nel sistema retributivo e 10 nel sistema contributivo, la quota del sistema retributivo sarà pari al 20% della retribuzione media annua, mentre per il sistema contributivo si dovrà calcolare il montante contributivo e applicare il coefficiente di trasformazione. 

PENSIONE ANTICIPATA CON 20 ANNI DI CONTRIBUTI

Nonostante l’età pensionabile venga spostata gradualmente sempre più avanti, esiste ancora la possibilità di pensione anticipata per chi versa 20 anni di contributi. Questa possibilità è prevista in caso di invalidità pari ad almeno l’80% per i lavoratori con almeno 61 anni d’età e per le lavoratrici con almeno 56 anni di età. La pensione anticipata a 64 anni di età è invece prevista per chi ha versato contributi a partire dal 1° gennaio 1996 e ha diritto ad un assegno pensionistico pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (per il 2022 l’assegno pensionistico doveva essere pari ad almeno 1.344 euro).

 

QUOTA 100 E QUOTA 102

Per accedere alla cosiddetta Quota 100, bisognava aver maturato 38 anni di contributi e un’età di almeno 62 anni entro il 31 dicembre 2021. Questa finestra pensionistica non è stata però rinnovata, perché soppiantata dalla nuova Quota 102. Con questa nuova modalità per andare in pensione in anticipo bisogna invece avere 38 anni di contributi e 64 anni di età. 

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L’ISOPENSIONE

Un’altra soluzione per andare in pensione prima è l’isopensione, uno scivolamento pensionistico che permette di anticipare il pensionamento di 7 anni. L’azienda, che dovrà avere più di 15 dipendenti, corrisponderà al lavoratore una somma corrispondente alla pensione, ma questa possibilità resta aperta solo se si tratta di un lavoratore con 42 anni e 10 mesi di contributi oppure di una lavoratrice con 41 anni e 10 mesi di contribuzione. 

LA PENSIONE INTEGRATIVA

Se l’età pensionabile viene spostata sempre più in avanti anche l’assegno pensionistico tende ad essere sempre più basso nel tempo. Di fronte ad una situazione di questo tipo, i futuri pensionati rischiano di dover abbassare in modo significativo il loro tenore di vita, con tutte le difficoltà che questo comporta. Pianificare la pensione e integrarla con la previdenza complementare è un modo intelligente per assicurarsi un futuro più sereno e senza incertezze economiche. Non è mai troppo presto per pensare alla pianificazione della pensione, perché chi inizia prima riesce ad avere più margine nella gestione del pensionamento.





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