Nuovo Giornale Nazionale – I DUE MATTEI, ASSOLTI IN SIMULTANEA

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Si sono concluse, a 24 ore una dall’altra, due vicende giudiziarie emblematiche

Open e Open arms, ovvero Matteo Renzi e Matteo Salvini accomunati da due inchieste, che stando alle sentenze possono essere considerate  temerarie.

Giovedí 19 Dicembre 2024 – proscioglimento per insufficienza di prove, di Matteo Renzi, Boschi, Lotti e altri 8 compagni di partito e non, nell’inchiesta Open, che ha gambizzato sul nascere il nuovo soggetto politico di Renzi con le perquisizioni della GdF del 18 settembre 2019, ordinate dalla Procura fiorentina.

Venerdí 20 Dicembre 2024 – la seconda sezione penale del tribunale di Palermo ha prosciolto Matteo Salvini per la nota vicenda Open Arms dell’agosto 2019 addirittura perche “il fatto non sussiste”.

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Sono due sentenze utili per riflettere sul rapporto tra politica magistratura.

Il gup di Firenze (Sara Farini) ha applicato gli articoli 424 e 425 terzo comma 3 del Codice di procedura penale, prosciogliendo Matteo Renzi e altri imputati perché “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”. In sintesi tra tutte le carte raccolte non c’è lo straccio di una prova. Il fascicolo era stato aperto dal Procuratore Luca Turco (Magistratura Democratica) nella metà settembre 2019 e la prima eclatante perquisizione in favore di telecamera va in onda il 4 Ottobre 2019, quando era da poco nato il Conte 2 e Renzi era uscito, sbattendo la porta, dal Pd.

Secondo Luca Turco, la Fondazione Open era un’articolazione di partito funzionale all’ascesa politica di Matte Renzi. In pratica tutte le Leopolde di quegli anni sono state illecitamente finanziate e decine di finanziatori furono sottoposti ad indagini e verifiche in una “macelleria mediatica” con perquisizioni all’alba, umiliazioni, computer e telefoni sequestrati, intercettazioni acquisite in modo (poi) giudicato illegittimo, raccontate sui giornali con il contagocce, come una serie Crime a puntate marchiata “Gli Infami”. Il tutto va in onda 13 giorni dopo la nascita del governo Conte 2 e la decisione di Renzi di abbandonare il PD.

Visto l’epilogo, come è possibile che una procura, abbia messo sotto inchiesta la scelta di costituire un nuovo partito?

Il gup di Firenze giovedì ha stabilito la fine di un processo dopo tre sentenze della Corte di Cassazione che avevano annullato tutti i provvedimenti di sequestro, ribadendo l’inutilizzabilità degli atti raccolti. Una grande e costosa perdita di tempo,intanto ma Il procuratore aggiunto Luca Turco andrà in pensione il 23 dicembre 2024 e ovviamente non dovrà rispondere del suo operato.

Rimane il dato di fondo: un magistrato, nell’estate 2019, ha deliberatamente ignorato la separazione dei poteri ed è intervenuto nel processo politico condizionandone l’offerta. Molti gioirono, magari in silenzio, mentre Renzi veniva “macellato” (politicamente si intende) a mezzo stampa.

Il fascicolo su Matteo Salvini si apre nell’Agosto 2019, un mese prima di quello che ha coinvolto Renzi, a seguito della decisione di chiudere i porti alle navi delle ONG che pattugliavano le coste italiane. Malgrado il favore di tutto l’esecutivo giallo-verde, Salvini è l’unico imputato, l’accusa è sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio. Sarà ovviamente un caso, ma si rileva un comune denominatore, una sort di filo rosso, che è sempre l’appartenenza a Magistratura Democratica di un altro PM per questa inchiesta, che non può non far pensae a una invasione di campo delle toghe in spazi e argomenti che appartengono alla politica. Se Salvini ha sbagliato, se quei decreti erano sbagliati, una democrazia dovrebbe avere gli adeguati anticorpi per intervenire a cominciare da una squadra di governo, ovvero il premier, gli altri ministri e i capi di gabinetto – che avrebbero dovuto far sentire la propria voce con “fatti” conseguenti e non con interviste. E invece, coloro che hanno firmato quei decreti (il premier Conte e il ministro Toninelli) non sono stati sfiorati dalla richiesta del procuratore aggiunte Marzia Sabella e dei pm Gery Ferrara e Giorgia Righi, che sostenendo la bizzarra tesi che quel decreto non è stato un atto politico (e come tale sottratto al sindacato dell’autorità giudiziaria) lo qualifica invece come un atto amministrativo e come tale sindacabile dal giudice.

Una visione “temeraria” che si é schiantata contro la realtà.

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