Calcestruzzo sostenibile per decarbonizzare edilizia e industria

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Mettere a punto processi, metodi e soluzioni per produrre calcestruzzo a impatto ridotto o nullo, in termini di emissioni di CO2, è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di carbon neutrality entro il 2050, specie per il settore edile e per l’industria del cemento.

Dopo l’acqua, il calcestruzzo è il materiale più utilizzato sul pianeta: ogni anno se ne producono circa 30 miliardi di tonnellate [fonte: “Towards sustainable concrete”, Nature Materials].

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Questo fabbisogno è in crescita: è previsto un aumento dagli attuali 14 miliardi di metri cubi di calcestruzzo a circa 20 miliardi di metri cubi nel 2050 [fonte: Global Cement and Concrete Association].

Oltre ad essere il materiale edile più usato al mondo, la sua produzione genera circa l’8,6% di tutte le emissioni di CO2 antropogeniche [fonte: Department of Civil and Environmental Engineering, University of California].

Data la necessità di raggiungere quanto prima la neutralità climatica, l’industria e la ricerca sono attive per creare soluzioni decisamente meno impattanti, tenendo conto che, in futuro, l’impiego di calcestruzzo e del suo componente fondamentale, il cemento, aumenteranno sensibilmente. Si prevede, infatti, che la domanda di cemento crescerà del 14% dal 2020 al 2030 e di un altro 22% entro il 2050 [fonte: “Making net-zero concrete and cement possible” – Mission Possible Partnership].


C’è un grande bisogno di decarbonizzazione industriale, specie in edilizia e nell’industria del cemento. Tuttavia, ancora oggi la produzione di calcestruzzo è responsabile di circa l’8% delle emissioni di CO2 a livello mondiale. Tale percentuale è destinata ad aumentare, dato che nei prossimi anni la richiesta di calcestruzzo aumenterà sensibilmente.
Servono alternative a basse emissioni. A questo proposito, l’industria del cemento, principale materia prima del calcestruzzo, si è impegnata per raggiungere la carbon neutrality al 2050. A tal fine, sono diverse le aziende che stanno studiando prodotti meno impattanti, anche investendo su startup che stanno mettendo a punto soluzioni decisamente più sostenibili.
La ricerca sta operando su molteplici fronti per creare cemento e calcestruzzo sostenibili, traendo spunto dall’economia circolare, ma anche facendosi ispirare dalla natura. Tra le soluzioni in campo, ci sono anche progetti a firma italiana.

L’industria punta su cemento e calcestruzzo sostenibili

L’industria del cemento e del calcestruzzo punta alla decarbonizzazione nel 2050. Secondo le previsioni dell’MPP Global Project Tracker, riportate dal World Economic Forum, «se entreranno in funzione, entro il 2030, 45 cementifici a basse emissioni, l’industria di settore sarà sulla buona strada per non superare la soglia di 1,5 °C con le sue emissioni di gas serra».

Per questo, si lavora per ridurre progressivamente e sensibilmente le emissioni, a partire dai prodotti. Le aziende aderenti alla Global Cement and Concrete Association (che rappresenta l’80% dell’industria mondiale del calcestruzzo, Cina esclusa), nel 2020, si sono impegnate a produrre calcestruzzo a zero emissioni e a raggiungere la carbon neutrality in tutto il settore entro il 2050, così come esposto nel manifesto “Concrete Future” della GCCA.

Per riuscire nel loro intento, dovranno rafforzare l’impegno e gli investimenti: McKinsey ha stimato che la spesa in conto capitale annuale dovrà quasi raddoppiare, arrivando a 60 miliardi di dollari dal 2021 al 2050 [fonte: “Cementing your lead: The cement industry in the net-zero transition”].

Ma ridurre le emissioni è complicato. Tutto nasce dalla composizione stessa del cemento. Il primo passo per produrlo è l’estrazione del calcare dalla materia prima, il cui componente principale è il carbonato di calcio(CaCO3). Dopo la miscelazione con l’argilla, il calcare viene passato in un forno rotante a più di 1.400 °C per attivare il processo di calcinazione, generando importanti emissioni di anidride carbonica. Queste ultime, infatti, vengono generate nel 60% del totale dalla calcinazione del calcare e nel restante 40% dalla produzione di clinker (“CO2 capture in cement plants by “Tail-End” Calcium Looping” – ScienceDirect), componente base per produrre il cemento Portland, il tipo più comune di cemento per produrre calcestruzzo.

Il ruolo delle startup

Molte sono le soluzioni praticate e allo studio per creare calcestruzzo sostenibile e cemento a basse emissioni. Solo come esempio recente, due tra le dieci società di costruzioni più importanti al mondo hanno annunciato, lo scorso settembre, un investimento di 75 milioni di dollari nella startup Sublime Systems. Fondata da un docente e da un post-doc del MIT, ha sviluppato un metodo di produzione del cemento, basato sull’elettrochimica, che nei primi test ha generato il 90% in meno di emissioni.

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Poco prima, un’altra startup statunitense, Frontera, ha annunciato una raccolta di finanziamento da 85 milioni di dollari, che intende utilizzare per portare la sua tecnologia a scala commerciale. In questo caso, la tecnologia messa agli impianti di produzione del cemento esistenti, cattura le emissioni industriali di CO2 dalla produzione tradizionale di cemento e le mineralizza, per ottenere un cemento a basse emissioni di carbonio pronto all’uso.

Anche la canadese CarbonCure, altra società nata come startup, ha messo a punto una tecnologia che consente ai produttori di calcestruzzo di inserire la CO₂ catturata nello stesso materiale fresco durante la miscelazione. Dopo averla iniettata, l’anidride carbonica reagisce con la miscela di calcestruzzo e diventa un minerale incorporato in modo permanente.

Ridurre le emissioni del cemento: i filoni di ricerca più recenti

Da tempo, la ricerca sta lavorando per generare calcestruzzo sostenibile. Un metodo presentato di recente è stato messo a punto da un team dell’Università di Cambridge. Esso utilizza i forni elettrici ad arco (EAF) impiegati per il riciclaggio dell’acciaio.

Come hanno spiegato nell’articolo pubblicato su Nature, intitolato “Electric recycling of Portland cement at scale”, l’idea alla base del processo messo a punto sfrutta le caratteristiche degli EAF per riciclare anche il cemento. L’innovazione chiave è la sostituzione della calce utilizzata nel processo di riciclaggio dell’acciaio con la pasta di cemento recuperata (RCP).

Si parte dal riciclo dell’acciaio, che avviene in due fasi: in una, i rottami vengono fusi e ossidati per rimuovere impurità; nell’altra viene rimosso lo zolfo. In entrambe le fasi, viene introdotto cemento quale materiale fluidificante per proteggere l’acciaio dall’aria e aumentare l’efficienza energetica.

La pasta di cemento recuperata non è disponibile in commercio su larga scala, al momento. Di recente, però, l’attenzione ni confronti di tale materia prima è cresciuto a causa dell’interesse nell’utilizzarla in un processo di mineralizzazione del carbonio.

Il team della startup Cambridge Electric Cement, nata dall’attività del team universitario, ha dimostrato che i forni ad arco elettrico forniscono le giuste condizioni per riattivare la RCP estratta dai vecchi rifiuti di calcestruzzo, senza interferire con la produzione di acciaio.

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In pratica, il procedimento ricicla acciaio e cemento per produrre un prodotto di cemento circolare a basse emissioni di CO2. Inoltre, abbassa notevolmente le emissioni di entrambi i settori, riducendo al minimo la necessità di nuova calce da introdurre quale fluidificante. Se alimentato da energia da fonti rinnovabili, questo metodo potrebbe portare alla produzione di cemento a emissioni zero.

La startup intende rendere scalabile industrialmente il processo di produzione di “cemento circolare a basse emissioni”: per questo, ha da poco concluso un round di finanziamento da 2,2 milioni di dollari.

Le vie possibili per cemento e calcestruzzo a basse emissioni

In Australia si lavora allo sviluppo di calcestruzzo a basso tenore di carbonio utilizzando argilla calcinata australiana, in un procedimento che vede l’impiego di un forno elettrico alimentato con fonti energetiche rinnovabili.

Per questo, la University of Technology Sydney ha unito le forze con lo SmartCrete Cooperative Research Centre e con alcune aziende per arrivare a un processo efficace mirato allo sviluppo, collaudo e ottimizzazione di miscele di calcestruzzo che incorporano argilla (che è uno dei materiali più abbondanti in Australia) calcinata come alternativa al cemento Portland ordinario, riducendo così le emissioni, ma fornendo un materiale rispondente agli standard edilizi del Paese.

C’è chi si è concentrato sulla produzione di calcestruzzo sostenibile evitando l’impiego di cemento Portland. In Arabia Saudita, la King Abdullah University of Science and Technology (Kaust) sta collaborando con una startup a un calcestruzzo in grado di assorbire le molecole di anidride carbonica atmosferica. La tecnologia, brevettata, impiega, al posto del cemento Portland, un legante ricavato da materiali naturali e riciclati, tra cui acqua di mare, che s’indurisce a temperatura ambiente, evitando così il processo di generazione del clinker.

Un altro filone della ricerca guarda all’impiego di materiali naturali per produrre cemento low carbon. A tale proposito, è degno di nota il lavoro condotto, negli Stati Uniti, da un team dell’Università di Princeton, che ha impiegato dei compositi simili alla madreperla, considerando le proprietà di questa materia prima naturale. Componente dello strato interno della conchiglia di alcuni molluschi, come le ostriche, mostra un’elevata tenacità alla frattura. Gli scienziati della Princeton University, ispirandosi alla natura, hanno creato un composito di cemento simile per caratteristiche strutturali, che ha dimostrato di essere 17 volte più resistente alle crepe, rispetto al cemento standard, e 19 volte più allungabile e deformabile, senza rompersi. Lo hanno illustrato nell’articolo “Tough and Ductile Architected Nacre-Like Cementitious Composites”, pubblicato su Advanced Functional Materials.

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C’è chi, invece, si è focalizzato sul maggiore impiego di ceneri volanti, ottenute come sottoprodotto durante la combustione del carbone nelle centrali termoelettriche. A livello mondiale, ancora oggi sono in funzione più di 2400 centrali a carbone, che generano volumi notevoli di tali residui. Solo nel 2022, ne hanno prodotte più di 1,2 miliardi di tonnellate [fonte: RMIT University]. Queste ceneri, quando vengono introdotte nel processo per produrre calcestruzzo, reagiscono, migliorando le proprietà del prodotto e la sua durabilità.

Sempre in Australia, si sta cercando di produrre calcestruzzo sostenibile utilizzando quantitativi doppi di ceneri volanti, in modo da contribuire a ridurre il loro quantitativo. Questo è stato possibile mediante un processo messo a punto da un team di scienziati del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT). Esso prevede, tra l’altro, l’aggiunta di nano additivi per modificare la chimica del calcestruzzo così da poter aggiungere più ceneri volanti senza compromettere le prestazioni ingegneristiche del materiale, anzi, aumentandone la densità e la compattezza. Inoltre, questo metodo è vantaggioso perché i calcestruzzi oggi sul mercato non sostituiscono più del 40% del cemento con ceneri volanti.

Produrre calcestruzzo sostenibile e circolare: i progetti a firma italiana

La ricerca rivolta alla produzione di calcestruzzo a basso impatto ambientale trova spazio anche in Italia.

Uno dei progetti dedicati si chiama CASA (CAlcestruzzi circolari e Sostenibili Additivati con materiali riciclati provenienti da filiere locali). Coordinato dall’Università degli studi di Parma, è nato con la finalità di «sviluppare materiali cementizi “green” che incorporano scarti provenienti da diverse filiere produttive della Regione (Emilia Romagna), quali il settore delle pavimentazioni sportive (fibre sintetiche), dell’industria ceramica (scarti di materiale cotto), delle costruzioni (Gasbeton), della produzione agricola (letame bovino, lolla di riso) e di energia (biochar)».

Avviato quest’anno, il progetto durerà 28 mesi e intende, tra l’altro, immettere nel mercato nuovi prodotti in grado di coniugare il riutilizzo degli scarti provenienti dalla produzione industriale con il miglioramento delle prestazioni del calcestruzzo.

Uno dei problemi da affrontare e risolvere è quello di ridurre i rifiuti da costruzioni e demolizioni, di cui fa parte integrante il calcestruzzo. Ogni anno, in Europa, ne vengono prodotti quasi 375 milioni di tonnellate di questo tipo di rifiuti, che rappresenta la voce più importante del volume dei rifiuti generati in UE [fonte: European Environment Agency].

A questo fine, Certimac – ente di ricerca e certificazione fondato da ENEA e CNR – ha avviato il progetto Rewinds (Recycling of waste into new demonstrated sustainable solutions), finalizzato allo sviluppo di materiali sostenibili e ad alte prestazioni a partire da rifiuti, sottoprodotti e scarti da demolizione.

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Migliorare le caratteristiche del calcestruzzo, puntando a ridurre sensibilmente e in modo progressivo le emissioni e facendo in modo di rendere quanto più circolare possibile la sua produzione, sono le finalità cui sta lavorando la ricerca per riuscire a raggiungere la decarbonizzazione del materiale più impiegato al mondo per costruzioni e infrastrutture.

Con l’obiettivo di anticipare possibili scenari futuri, cerchiamo ora – avvalendoci della matrice STEPS – di dare una visione circa gli impatti che l’evoluzione di tale campo di indagine potrebbe avere sotto il profilo sociale, tecnologico, economico, politico e della sostenibilità.

S – SOCIAL: l’impiego di calcestruzzo sostenibile potrà contribuire a ridurre le emissioni di CO₂. Questo impatto ambientale positivo si traduce in un miglioramento della qualità dell’aria, particolarmente nelle aree urbane densamente abitate. Inoltre, si lavora a rendere quanto più circolare possibile la sua produzione. A tale riguardo, alcuni ricercatori della October 6 University e della Al-Azhar University, in Egitto, hanno studiato la possibilità di impiegare aggregato riciclato e scorie di cemento Portland nel processo produttivo del calcestruzzo. Combinando i due ingredienti con cemento Portland ordinario, hanno dimostrato che la miscela migliora in modo significativo le proprietà meccaniche del calcestruzzo armato grazie ai suoi potenziali benefici ambientali e strutturali. Lo hanno illustrato nell’articolo “Optimizing sustainable concrete mixes with recycled aggregate and Portland slag cement for reducing environmental impact”, pubblicato su Discover Materials.

T – TECHNOLOGICAL: mettere a punto calcestruzzo a basso impatto emissivo richiede di tenere in considerazione molteplici fattori, comportando una complessità di progettazione piuttosto elevata. L’impiego di tecniche di intelligenza artificiale può essere un valido aiuto a questo proposito. Un esempio è lo studio intitolato “Optimizing compressive strength in sustainable concrete: a machine learning approach with iron waste integration”, i cui autori hanno utilizzato algoritmi di machine learning per prevedere la resistenza alla compressione del calcestruzzo, ottimizzando così i risultati e ottenendo la combinazione ottimale dei vari elementi nella miscela.

E – ECONOMIC: dal punto di vista economico, la possibilità di contare su calcestruzzo sostenibile apre a opportunità di mercato importanti, a livello internazionale. La necessità di ridurre le emissioni del settore edile è di fondamentale importanza per riuscire a raggiungere gli obiettivi di carbon neutrality che molti Paesi (UE e USA tra questi) si sono fissati al 2050. L’impegno richiesto è alquanto significativo, se si considera che, nel 2022, il settore ha rappresentato il 37% delle emissioni globali di diossido di carbonio legate all’energia operativa e ai processi [fonte: Global Status Report for Buildings and Construction – UNEP]. L’interesse verso il calcestruzzo green, tra l’altro, è previsto in forte crescita nei prossimi anni: il valore di mercato globale, quantificato in 39,17 miliardi di dollari nel 2024, è stimato crescere fino a 83,37 miliardi di USD entro il 2032 [fonte: Market Research Future].

P – POLITICAL: poter contare su calcestruzzo a basso impatto ambientale consentirà di rispondere alle normative sempre più stringenti per ridurre le emissioni del parco edilizio. Ricordiamo, a questo riguardo, che la Energy Performance Buildings Directive (UE/2024/1275), la cui ultima versione è stata emanata quest’anno, richiede di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 60% nel settore edilizio entro il 2030 rispetto al 2015 e di raggiungere un parco edilizio decarbonizzato e a zero emissioni entro il 2050. Inoltre, la possibilità di mettere a punto, e produrre ad elevati volumi, calcestruzzo a basse o nulle emissioni è direttamente collegata alla necessità di decarbonizzare l’industria del cemento, parte integrante dei comparti industriali energivori e hard-to-abate. In occasione della COP29, la coalizione internazionale Industrial Transition Accelerator (lanciata dagli Emirati Arabi Uniti, dalle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici e da Bloomberg Philanthropies nel corso del COP28 World Climate Action Summit) ha pubblicato una lettera aperta, in cui ha esortato i governi ad adottare misure politiche collaudate per stimolare la domanda di prodotti ecologici e sfruttare al meglio il potenziale della decarbonizzazione industriale. In questo modo si potrebbero sbloccare fino a mille miliardi di dollari di investimenti e creare le condizioni per la realizzazione di oltre 500 impianti industriali “verdi”, fa notare l’ONU. Nella lettera si fa notare che un terzo delle emissioni globali è generato dall’attività di industria pesante e trasporti. Di queste fanno parte i cementifici.

S – SUSTAINABILITY: il più importante effetto che potrà generare il calcestruzzo sostenibile sarà in termini di sostenibilità ambientale. Per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, occorre ridurre le emissioni di anidride carbonica e di altri gas effetto serra. Poter contare su materie prime a ridotto impatto permetterà di decarbonizzare la filiera delle costruzioni, anche grazie a processi più green e circolari.

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