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Il presidente della Regione: così l’Emilia-Romagna non ce la fa
Michele de Pascale, a quanto pare, il governo non ha accettato la sua proposta di un «patto repubblicano» per la ricostruzione dell’Emilia-Romagna e non sceglierà lei come commissario. Le preferisce un militare…
«Io non ho ancora nessuna notizia ufficiale. Il colloquio che ho avuto tempo fa con Giorgia Meloni è stato sincero e schietto, perciò, nonostante le indiscrezioni, continuo a sperare che ci sia la disponibilità a cambiare passo insieme».
Ma lei si era autocandidato a prendere il posto di Francesco Paolo Figliuolo come commissario alla ricostruzione della sua regione.
«Io non ho mai detto o sono il commissario o l’Emilia-Romagna non collabora. Non ho voluto fare nessun braccio di ferro sulla mia persona, ci mancherebbe altro. Il mio è stato un discorso diverso».
Ossia? Quale discorso?
«Le cose in Emilia-Romagna non sono andate bene, ci sono responsabilità di tutti per questo. La regione vuole produrre un cambiamento nella gestione dei fiumi e fare meglio, il sistema degli enti locali è disponibile a uno sforzo per fare meglio, anche il governo, quindi, si deve mettere in discussione insieme a noi. È per questo che avevo chiesto di “ridefinire insieme lo schema di gioco”. Infatti se le cose non hanno funzionato è perché le norme sono state scritte male e vanno cambiate, come va rivista la struttura commissariale. In questo quadro nemmeno il commissario migliore del mondo può farcela. Il problema non è stato Figliuolo e sostituirlo con un altro senza rivedere norme e struttura è inaccettabile. Se la soluzione del governo, come scrivono i giornali, fosse questa, allora non potrebbe avere il consenso della regione perché non possiamo continuare a essere corresponsabili di uno schema di gioco che non funziona».
Quindi che succederà, de Pascale?
«Quindi, se non ci si siederà insieme a un tavolo istituzionale, non daremo il consenso a un nuovo commissario e il governo si assumerà tutte le responsabilità delle future inefficienze».
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni perciò non le ha ancora fatto sapere chi sarà il nuovo commissario che andrà a sostituire il generale Figliuolo, passato a un altro incarico?
«No, io ho visto Meloni una sola volta ma immagino e — spero — che ci risentiremo all’atto del decreto di nomina del nuovo commissario».
Tornando a lei, de Pascale, si è autocandidato o no a commissario per la ricostruzione in Emilia-Romagna?
«Tornando a me io avevo proposto una soluzione “istituzionale”, cioè quella di identificare il commissario con il presidente della regione. Ma non è mai stata una conditio sine qua non. La presidente del Consiglio è legittimata a preferire un’altra strada. Ma non capirei, se fosse vero quel che leggo, la ratio di un altro militare: che c’entra la Difesa con la ricostruzione? Allora dateci un esperto di ingegneria idraulica…».
Lei prima parlava della necessità di sedersi attorno a un tavolo, governo, regione, enti locali, per rivedere insieme le norme e la struttura commissariale. Che cosa significa in concreto?
«Le faccio un esempio pratico. Noi in Emilia-Romagna abbiamo il problema di realizzare grandi casse d’espansione per proteggere il territorio. Per fare una cassa d’espansione con le norme ordinarie ci vogliono dai sei ai sette anni. Quindi, se vogliamo farla in tempi più brevi serve cambiare quelle norme, avere una struttura impegnata h 24 in quell’attività, come invece finora non è stato visto che il commissario era part time, e occorre una conoscenza approfondita del territorio. Io mi sentirei di poter assicurare tutto ciò, non penso di essere l’unico a poterlo fare, ma di sicuro non può farlo una struttura militare, che sta a Roma, che non conosce il territorio e che non ha nemmeno le competenze scientifiche in questo settore. No, a queste condizioni non ce la si può proprio fare, come non ce l’abbiamo fatta in questo anno e mezzo».
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