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di Antonio Foccillo

Siamo arrivati alle feste di Natale e Capodanno e tutti, almeno per quei pochi giorni, diventano più buoni. Io non voglio esserlo, perché essere più buoni, almeno sul piano economico, politico e sociale, significa rimuovere i problemi o far finta che non ci siano. Invece, sono tanti e tutti importanti che condizionano in negativo la vita tutti i giorni.

Voglio scrivere di come, in questi ultimi trentanni, ci hanno privato di libertà, democrazia, giustizia sociale e anche di partecipazione democratica alla politica, sapendo che magari ripeterò dei concetti già espressi, ma sono convinto che non si può più tacere. 

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La rivoluzione neo liberista, attraverso varie imposizioni, dalla riduzione della sovranità degli Stati alla criminalizzazione dei partiti e, ancora, con l’introduzione di politiche come globalizzazione, deregulation, mercato, competizione, utili ad affermare la politica di finanziarizzazione dell’economia, ha privato d’interesse valori cardine come quello del popolo sovrano, individuato nel principio di libertà, di indipendenza e di uguaglianza (posti a difesa della pari dignità) che sono diventati subordinati al “mercato”.

Il principio generale di libertà è stato interamente assorbito dal principio di libertà economica, che è stato assunto a modello ideologico generale di tutta la società. Ne è nata una crisi, la più devastante e lunga nella storia dell’occidente.

Per non dimenticare quello che è avvenuto e per evitare che il ricordo del passato possa diventare nostalgia, voglio ricordare a tal proposito quello che sosteneva Carlo Rosselli: “Il problema italiano è, essenzialmente, problema di libertà. Ma problema di libertà nel suo significato integrale; cioè di autonomia spirituale, di emancipazione della coscienza, nella sfera individuale; e di organizzazione nella libertà della sfera sociale, cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi. Senza uomini liberi, nessuna possibilità di Stato libero. Senza conoscenze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione di classi. […]. La libertà comincia con l’educazione dell’uomo e si conclude col trionfo di uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite delle libertà di tutti[1]”.

Nelle tradizioni costituzionali dell’Occidente il tema della libertà del cittadino è sempre stato uno degli elementi più affrontati e più tutelati. È tradizione che risale già, dopo la proclamazione dell’indipendenza dell’Inghilterra (1776) al Bill of Rights[2], negli Stati Uniti nel 1791 alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino (1789) e alle Costituzioni nate dalla Rivoluzione Francese.

Conformemente a questa tradizione, la Costituzione italiana dedica molte parti alla proclamazione e alla disciplina dei diritti di libertà. In essa il concetto di libertà è sempre garantito al massimo, però nell’ambito della legge che ne definisce i contorni. Cioè si è liberi, infatti, non in assoluto, ma nei limiti dell’ordinamento giuridico.

Il Presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini, amato da tutti, sosteneva: “Battetevi sempre per la Libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame”.

Ebbene in questi anni sono state negate tante libertà, per effetto della crisi economica e produttiva, della pandemia, della guerra.

In questi decenni si sono devastate, le nostre certezze, la nostra economia, ma anche il nostro futuro. Sono state limitate le libertà, quella dei singoli, ma anche quella di tutti i cittadini e conseguentemente, anche la democrazia.

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Ignazio Silone, la descrisse così: “La libertà è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare di sperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria, artistica, filosofica, religiosa, sociale e anche politica”.

Invece, ha vinto il conformismo e la mancanza di critica, perché sono venuti meno, anche due concetti della cultura laica e socialista, cioè il  “libero pensiero” e l’ “autodeterminazione”.

Si è alimentata, infine, la paura del domani: dalla crisi al debito; dall’incertezza alla perdita del posto di lavoro; dalla possibile perdita del proprio status ai disastri probabili; dalle piogge torrenziali alle emergenze del clima, dai terremoti ai virus, dalla guerra alle crisi energetiche.

Questa manipolazione è consistita nel distogliere l’attenzione pubblica dai problemi importanti e dai cambiamenti determinati dalle élite politiche ed economiche, mediante la tecnica dell’inondazione di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

Quello di utilizzare l’aspetto emozionale è una classica tecnica per provocare un corto circuito nell’analisi razionale e nel senso critico dell’individuo. Su quale emozione si può puntare di più, se non sulla paura!

Tutto viene strumentalizzato con grandissima drammaticità per fare in modo che prevalga la paura e di conseguenza per evitare che le persone riflettano e si impegnino su altre questioni più importanti.

Anche sul piano della situazione economica e sociale, che rischia di diventare sempre più esplosiva per effetto di varie problematiche nei settori produttivi in crisi, (anche per le scelte sbagliate dell’Europa), che, a loro volta, creano sempre più: disoccupazione, meno garanzie sul lavoro con morti e infortuni, ridimensionamento dei diritti, delle garanzie e delle tutele, salari e pensioni sempre più basse. E così è venuta meno anche la giustizia sociale.

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Quante persone vivono in uno stato di povertà ed emarginazione, ma anche, quelle che fino a ieri erano in grado di garantire a sé stessi e alla propria famiglia un tenore di vita decente, per effetto di questi continui ridimensionamenti, stanno precipitando nella loro condizione economica.

Tutto questo come si cambia? Una politica, quella di oggi, che rincorre solo il quotidiano, non avendo un progetto per far uscire il Paese da questi drammi, non è in grado. Il guaio che non c’è o non si vede all’orizzonte neppure un’alternativa.

Ci vogliono regole che riaffermino il diritto alla libertà e ad essere riconosciuto come soggetto e non come suddito. Nessuno può negare che la libertà del singolo finisca quando intacca la libertà degli altri, ma entro questo limite va comunque difesa anche le libertà del singolo.

Allora, bisogna far ricresce nella società quell’ideale socialista, democratico, laico e riformista, che rappresenta una risorsa che dobbiamo saper sfruttare, impiegare e approfondire.

Bisogna svolgere di nuovo un compito che inizia dal saperci riconoscere e nel saperci incontrare proprio per una comune ragione ideale e politica, facendo di questa, quindi, il motivo, non accessorio e non scontato, dell’essere attori politici e sociali, rappresentanti di un nuovo rinnovamento.

Il contributo che hanno dato questo valori alla maturazione della cultura nel mondo del lavoro e nella società, non può essere disperso. Per farlo vanno ridefiniti i contenuti di una società dove siano salvaguardati la persona e i diritti di cittadinanza in tutti i suoi aspetti: dal diritto al lavoro al diritto alla vita, dalla sicurezza sociale e personale, da un adeguato salario al diritto alla partecipazione.

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Non può essere un’utopia la visione di una società in cui vi sia giustizia sociale, equità, libertà, partecipazione democratica, coesione e solidarietà, etica e morale. Una società in cui si valorizzino “i meriti e i bisogni”. Una società fondata su nuovo modello di crescita economica, un forte progetto di rinnovamento che riaccenda le speranze sopite con una seria e corretta politica sociale.

Per definire un progetto politico per cambiare profondamente i parametri economici e finanziari, che sono diventati dogmi ed hanno dominato sui diritti, bisogna rilanciare proprio quella filosofia di considerare centrale l’uomo, con i suoi diritti a partire, proprio dalla libertà e dalla giustizia sociale.

È necessario ripartire, non è questione di chi lo fa, ma è realizzare di nuovo questo processo laico, democratico e riformista che ha consentito il rinnovamento istituzionale, civile e sociale. Si deve uscire dall’apatia e risvegliare le coscienze e le intelligenze. Non c’è più tempo per tergiversare, ma è tempo di fare!  

[1] G. Limiti, M. Di Napoli, 1993, Carlo e Nello Rosselli Giustizia e libertà, p. 154. Ed. Uil, Roma

[2] I primi dieci emendamenti della Costituzione americana

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