Npls Re_Solutions, le aste immobiliari in Italia nel 2024 sono scese del 12% dal 2023

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In Italia, le aste immobiliari nel 2024 sono diminuite del 12% rispetto al 2023. A creare una barriera per molti acquirenti sono stati la difficoltà di accesso al credito e il rischio degli immobili occupati. Sebbene le aste offrano prezzi competitivi, quindi, l’aumento della partecipazione e i rischi associati stanno riducendo la convenienza rispetto al mercato libero. È quanto emerge dal Report Aste 2024 del centro studi AstaSy Analytics di Npls Re_Solutions (si veda qui il comunicato stampa).

Nel dettaglio, sono state 78.477 le unità immobiliari oggetto di asta in Italia nel 2024 (con un controvalore di base d’asta complessivo pari a circa 10,9 miliardi di euro e offerte minime per circa 7,4 milioni) con un decremento di circa il 12% rispetto al 2023 (quando si sono registrate 88.174 unità in asta), calo più consistente relativo alle esecuzioni civili immobiliari e aumento dei lotti in vendita nelle procedure concorsuali, soprattutto per l’avvio dell’attività liquidatoria nelle nuove procedure introdotte dal Codice della crisi di impresa.

“Queste variazioni sono sicuramente state influenzate anche dai recenti interventi normativi che hanno negli anni efficientato i procedimenti, dalla riforma del 2015 all’introduzione del Codice della Crisi di impresa, sino alla riforma Cartabia. Le procedure concorsuali hanno invece visto un incremento dei lotti in asta nel 2024, come risultato dell’avvio della fase liquidatoria delle nuove procedure del Codice della crisi di impresa”, si legge nell’analisi.

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In relazione alla distribuzione territoriale dei lotti in vendita, a livello regionale la Lombardia si conferma al primo posto con 10.439 unità, pari al 13,3% del totale, seguita da Sicilia con 9.454 immobili (12,05%) Lazio con 7.625 (9,72%), Campania con 5.655 (7,21%) e Marche con 5.618 (7,16%), mantenendo le posizioni quasi invariate rispetto al 2023, quando al quinto posto figurava però la Toscana, che ora è invece al sesto posto.

Dei 78.477 immobili in asta, oltre il 32,42% ricade nelle regioni del Nord Italia, anche se la loro distribuzione territoriale risulta frammentata. Al centro il 31,15%, al Sud il 20,05% e nelle Isole il 16,37%.

Successivamente all’analisi del macro dato nazionale e a quello delle regioni, l’analisi è entrata nel dettaglio delle 107 province Italiane, dove la frammentazione entra ancora di più nello specifico. Sono 15 le province che, da sole, controllano circa il 36% dei lotti su base nazionale. Nel 2024 la provincia di Roma supera nuovamente quella di Milano, che scende invece al 5° posto, superata da Perugia, Cosenza e Catania, anche se lo scostamento è lieve (Roma 4947 -Perugia 2034, Cosenza 2031, Catania 2024, Milano 2021).

Il 53,99% delle unità immobiliari all’asta è riconducibile alla categoria residenziale ed è costituita da appartamenti, monolocali, mansarde, attici, ville e villette, nella maggior parte dei casi tutti abbinati ad autorimesse e/o cantine. A questi si somma un 11,19% di posti auto e autorimesse in vendita in lotti autonomi.

“Il comparto residenziale in genere costituisce non solo la porzione più consistente del mercato ma anche quella più attiva, avendo a oggetto beni più fruibili e raggiungendo quindi una platea più ampia di potenziali acquirenti. Negli ultimi anni, grazie anche al diffondersi di agenzie di consulenza per la compravendita di abitazioni all’asta, sono numerosi i soggetti che optano per l’acquisto di una casa nell’ambito di procedure giudiziarie, intravedendo maggiori opportunità di risparmio. L’aumento delle partecipazioni ha avuto come conseguenza l’accrescere dei prezzi, che in alcune zone, quali ad esempio Milano, hanno equiparato quelli del mercato libero, favorendo così i creditori”, ha dichiarato Massimiliano Morana, amministratore delegato di Npls Re_Solutions.

La percentuale di negozi, uffici e locali adibiti a uso commerciale in vendita ha un leggero rialzo che si attesta al 11,33% rispetto al 9% del 2023. Resta invariata la percentuale, 3,06%, dei capannoni industriali, commerciali e artigianali, opifici, mentre aumenta ancora lievemente il numero dei magazzini che passano dal 4,26% al 4,58%. A differenza del settore residenziale, la specifica destinazione d’uso di questi immobili comporta un ridotto parterre di potenziali acquirenti. Spesso, specie con riguardo ai cespiti industriali, l’impossibilità di adibire la struttura a impieghi diversi, circoscrive significativamente il numero degli interessati causando un susseguirsi di esperimenti deserti a perdita del valore dei beni e, quindi, a uno svantaggio delle parti coinvolte.

Una fetta importante del mercato, pari al 12,99% in rialzo ulteriore rispetto all’11,34% del 2023, è costituita dai terreni, sia agricoli che edificabili. In questi casi l’interesse all’acquisto può risultare ulteriormente ridotto, specie per gli edificabili che richiedono una certa progettualità.

Resta invariata rispetto al 2023 la percentuale di cantieri, che occupano ancora lo 0,8% del mercato. La categoria include cantieri finiti, semifiniti, abbandonati o parzialmente realizzati. “Una partecipazione attiva da parte di investitori qualificati sarebbe, specie in caso di cantieri in stato di abbandono, auspicabile al fine di evitare uno spreco di risorse, riqualificare zone altrimenti esposte al degrado e mettere in sicurezza edifici suscettibili di occupazione abusiva”, ha precisato Morana.

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In drastico calo la categoria dell’hospitality, che scende allo 0,03%, mentre la tipologia che si compone di strutture che vanno dal “piccolo” albergo a conduzione familiare a grandi resort arricchiti da Spa, impianti sportivi e di vario intrattenimento, si assesta allo 0,7%.

Lo studio ha evidenziato che il residenziale si assesta al 36,7% di aggiudicazione che, sommato al 9,8% di estinzioni o sospensioni, porta ad avere una percentuale di lotti superiore al 45% di definizione per aggiudicazione o accordo transattivo;

I beni strumentali (capannoni, magazzini, uffici e negozi, laboratori) non superano il 32% delle aggiudicazioni, percentuale che scende al 27% in caso di terreni o altre categorie (edifici a destinazione particolare).

Ma qual è il valore base d’asta degli asset in vendita? Sono 54.322 i lotti costituiti da beni il cui valore base d’asta proposto è inferiore a 250.000 euro, pari al 91,16% del totale delle esecuzioni immobiliari. Il valore base d’asta totale di questi beni è pari a 3.573.949.953,6 di euro e cuba solo il 49,10% del valore complessivo di tutti i beni posti in asta nel 2024, numeri in linea con il 2023.

Sono invece 4.554 i lotti, pari al 7,64% delle aste immobiliari, il cui valore in asta è compreso tra 250.000 e 1.000.000 di euro. Il valore base d’asta di questi bene è pari a euro 1.991.204.877,79 e rappresenta il 27,35% del valore complessivo dei prezzi base di tutti i beni posti in asta nel 2024.

Sono 711 invece i lotti, pari all’1,19% della composizione delle esecuzioni immobiliari, costituiti da beni il cui valore in asta è superiore a 1.000.000, con valore di prezzo base che raggiunge i 1.714.164.419,52 euro, ossia il 23,55% del valore totale.

“Il report fa comprendere quanto frammentato sia il mondo delle aste immobiliari e quanto necessiti di interventi diversificati, customizzati e specialistici, con approcci diversi e senza un’unica soluzione. Per ogni bene posto in asta è essenziale che questo venga individuato, analizzato e che venga definita la strategia ottimale, ancor prima che questo venga posto in esecuzione. Tale attività, basata sull’esperienza passata, è assolutamente fondamentale per la gestione più efficiente degli UTP”, ha concluso Morana.

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Il centro studi Astasy ha inoltre intervistato i principali operatori immobiliari presenti sul territorio, e i riscontri hanno evidenziato le seguenti tendenze nazionali:

  1. Tendenza generale: Le aste immobiliari hanno visto un incremento della partecipazione, in particolare da parte di privati, attratti dalla percezione di risparmio rispetto al mercato libero.
  2. Settori più coinvolti: Il settore residenziale è quello più colpito dalle esecuzioni, con un interesse predominante verso le prime case e le proprietà in aree urbane o turistiche.
  3. Partecipazione variabile: L’interesse varia a seconda delle zone; le aree costiere e i grandi centri urbani mostrano una domanda costante, mentre le aree interne o rurali registrano meno partecipazione.
  4. Differenze territoriali: Zone come Milano, Monza, e le città turistiche del Nord e Centro Italia sono particolarmente inflazionate, con prezzi che talvolta superano il valore di mercato.
  5. Settore produttivo: Le aree industriali o produttive meno dinamiche sono le più colpite; capannoni e locali commerciali mostrano un interesse limitato.
  6. Interesse estero: Gli acquirenti stranieri, specialmente nord-europei e russi, puntano su immobili di pregio e case indipendenti in aree turistiche o interne, come Langhe, Toscana, e Liguria.
  7. Vantaggi e limiti delle aste: Sebbene le aste offrano prezzi competitivi, l’aumento della partecipazione e i rischi associati (es. occupazione degli immobili) riducono la convenienza rispetto al mercato libero.
  8. Impatto post-pandemico: Il Covid-19 ha portato a una temporanea diminuzione delle esecuzioni, ma il mercato si è stabilizzato, con un aumento dell’interesse per le aste negli ultimi anni.
  9. Criticità nel residenziale: La difficoltà di accesso al credito e il rischio di immobili occupati restano barriere importanti per molti acquirenti.
  10. Evoluzione del mercato libero: Paradossalmente, il mercato libero può offrire affari migliori, grazie alla minore concorrenza rispetto alle aste.



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