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Nel 2009 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per le strutture fatiscenti e i trattamenti inumani riservati ai detenuti. Quindici anni dopo la situazione è la stessa, ma il governo pensa a inasprire le pene e introdurre nuovi reati

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

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23 dicembre 2024

Il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, Papa Francesco si recherà al carcere romano di Rebibbia per aprire una delle Porte sante che inaugureranno il Giubileo. Un gesto simbolico che ci auguriamo getti luce su quanto sta avvenendo negli istituti di pena italiani, dove la speranza fatica sempre più a trovare spazio.

Il ddl Sicurezza lo dimostra: per il governo il carcere è la panacea

Oltre 62mila persone detenute, 88 suicidi e 243 morti totali. Quando manca una settimana alla fine dell’anno, queste sono le cifre che ci restituisce il 2024 delle carceri nostrane. Numeri drammatici, che fanno segnare nuovi e tristi record: i suicidi non erano mai stati così numerosi e lo stesso vale per le morti.

Oltre 62mila persone detenute, 88 suicidi e 243 morti totali. Quando manca una settimana alla fine dell’anno, queste sono le cifre che ci restituisce il 2024 delle carceri nostrane

Carcere, torna il sovraffollamento

Come se non bastasse, anche il dato della popolazione reclusa segna il ritorno a livelli preoccupanti e solo nel quinquennio 2009-2013 si erano registrate più presenze. Quei cinque anni, che si aprirono con le 63mila persone presenti a giugno 2009 (per poi mantenere una media di circa 67mila presenze), si chiusero con la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo che, con la sentenza Torreggiani, condannò l’Italia per trattamenti inumani e degradanti generalizzati nelle carceri, dando al governo un anno di tempo per approvare una serie di riforme che consentissero di rispondere all’emergenza, ma anche per tenere sotto controllo la situazione negli anni a venire.

Il dato della popolazione reclusa segna il ritorno a livelli preoccupanti: solo nel quinquennio 2009-2013 si erano registrate più presenze

La sanzione rimise il carcere al centro della discussione pubblica e l’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando convocò gli Stati generali dell’esecuzione penale che, coordinati da Glauco Giostra, portarono decine di esperti a discutere della pena e delle modalità con la quale questa stessa andrebbe applicata per essere conforme al dettato costituzionale, prevenendo la violazione della dignità della persona e costruendo percorsi di reinserimento sociale.

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L’attenzione pubblica portò il sistema a livelli di sovraffollamento gestibili e a condizioni di vita interne migliori. Anche le persone detenute cominciarono a nutrire maggiore speranza verso quello che sarebbe stato il loro percorso carcerario e, di conseguenza, il futuro ritorno in libertà. Quell’attenzione, però, è lentamente scemata e negli ultimi anni il discorso pubblico sulle carceri è tornato a occuparsi soltanto dell’aspetto prettamente punitivo, anche per un approccio penal-populistico che con il nuovo governo ha raggiunto il suo apice, come dimostrano l’introduzione di decine di nuovi reati e l’aumento delle pene per reati già esistenti.

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A fine 2019 si sfiorò la soglia delle 60mila persone presenti, con una crescita di circa 8mila unità in cinque anni (il numero più basso post condanna europea si registrò nel 2015, quando in carcere c’erano circa 52.000 reclusi). Quindi nel 2020 la pandemia da covid portò a provvedimenti urgenti che bloccarono la crescita e portarono a una sensibile diminuzione del numero di persone in carcere che, alla fine di quell’anno, arrivarono ad essere 53.800. Da quel momento la crescita è stata rapida e vertiginosa, con 8mila persone in più in appena quattro anni, di cui oltre 5mila negli ultimi due.

Oggi il tasso di sovraffollamento è pari al 132,6 per cento, con le oltre 62mila persone presenti che possono contare su poco meno di 47mila posti disponibili.

Carcere, un luogo alienante

Il carcere è diventato un luogo sempre più chiuso e le riforme post Torreggiani – che avevano introdotto, fra le altre cose, la sorveglianza dinamica e il regime delle celle aperte, con le persone detenute che potevano passeggiare in sezione per la maggior parte della giornata – sono state in molti casi superate così da tornare, in moltissimi istituti, alle celle chiuse, con poche ore (generalmente quattro) concesse per stare fuori dalle camere di pernotto, sempre più affollate e poco accoglienti.

Carcere, il grande freddo

Un ritorno al passato, con trattamenti inumani e degradanti generalizzati, proprio come era avvenuto prima della condanna europea. Tra le 87 carceri monitorate negli ultimi 12 mesi dall’Osservatorio di Antigone, 28 non garantiscono tre metri quadrati calpestabili per ogni persona detenuta. E preoccupano anche i dati sui ricorsi accolti dai tribunali di sorveglianza italiani, che nel 2023 hanno accolto oltre 4mila reclami per trattamenti contrari al senso di umanità.

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L’isolamento nelle carceri va superato

Sovraffollamento, ma anche degrado, con strutture vecchie e fatiscenti. Il 35,6 per cento delle carceri visitate da Antigone è stato costruito prima del 1950 e il 23 per cento del totale addirittura prima del 1900. Nel 10,3 per cento dei casi non funzionano i riscaldamenti e nel 48,3 per cento non è garantita l’acqua calda. Inoltre, in più della metà delle 87 carceri visitate non sono presenti docce all’interno delle celle.

Il 35,6 per cento delle carceri visitate da Antigone è stato costruito prima del 1950 e il 23 per cento del totale addirittura prima del 1900

Il malessere si evince dal numero suicidi: tra il 2014 e il 2020 il numero massimo di persone che si erano tolte la vita era stato raggiunto nel 2018, quando furono 64 (nel 2016 40 e nel 2015 “solo” 39), dal 2020 in poi questo dato ha iniziato a crescere e, a parte il 2021 quando furono 59, nel 2022, 2023 e 2024 si sono registrati rispettivamente 84, 68 e 88 suicidi, che sono i primi, i secondi e i quarti dati più alti di sempre. Inoltre, tra gli 87 di quest’anno circa l’80 per cento sono avvenuti nelle sezioni chiuse.

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