E anche la terza inchiesta di Report sul vino é andata. Dopo la prima inchiesta di dicembre 2023 e quella dello scorso febbraio, anche la terza onda del programma di approfondimento di Rai3 ha colpito il comparto vino. E, come già è stato per le altre due, anche questa presumiamo non sortirà alcun effetto eclatante.
Ecco, in brutale sintesi, quali sono stati gli argomenti trattati da questo nuovo episodio dell’inchiesta enologica di Report (e cosa non ci ha convinti).
Cosa non è un Supertuscan
La trasmissione Rai condotta da Sigfrido Ranucci stavolta ha puntato il proprio mirino su una regione specifica, la Toscana, e su una specifica tipologia di vini: i Toscana IGT.
Sfortunatamente, già qui Report andava con due ruote fuori strada, poiché identificava questa tipologia di vini con i Supertuscan.
Eh, magari. Supertuscan é una definizione originariamente data dal Master of Wine e giornalista Nicholas Belfrage negli anni ‘80. A quel tempo chi voleva vinificare in Toscana vitigni internazionali, tipo cabernet sauvignon, merlot o syrah, non poteva fregiarsi di alcuna Denominazone di Origine (così come non poteva farlo chi avesse voluto usare la barrique per affinare solo sangiovese nel Chianti Classico, vedi Le Pergole Torte) e si vedeva costretto ad etichettare il proprio vino neanche come Toscana IGT, che nemmeno esisteva all’epoca (l’istituzione delle IGT risale al 1992), ma come Vino da Tavola. E vi ci voglio a far spendere bei soldi a qualcuno per una bottiglia di Vino da Tavola. Be’, alcuni di questi vini (Sassicaia, Tignanello, ecc.) arrivarono ai palati giusti e divennero i Supertuscan. Se tutti i Toscana IGT fossero Supertuscan, tutti gli Americani sarebbero bravi a giocare a basket (e chi ha visto giocare Kwame Brown o Olowokandi sa bene di cosa parlo).
Tanto fumo e un po’ d’arrosto
In pratica il fulcro della trasmissione è stato l’acquisto da parte di varie cantine toscane di vino sfuso dalle Cantine Mario Borghi di Scandicci (FI). Tutto parte da una compravendita di vino che nel 2015 le Cantine Borghi effettuano dall’Azienda Vinicola Vedovato, azienda veneta “leader nell’ingrosso di vini sfusi e nell’affinamento del vino”.
Parentesi: per comprovare quest’abilità di fornire vini ‘su misura’ di Vedovato, Report ha inviato loro una bottiglia di Morellino di Scansano DOCG e, una settimana dopo, gli arriva il campione fornito da Vedovato. Tale campione è stato fatto assaggiare a due sommelier, comparandolo con il Morellino di Scansano originale. Il confronto è risultato in un “i due vini sono simili ma diversi”. Quindi più che un vino “taylor made” è un pezzotto. Chiusa parentesi.
Il vino acquistato da Borghi, vasca 14, pare essere stato venduto alla cantina Ornellaia come Sangiovese Toscana IGT, sempre vasca 14. 14 può essere il numero della vasca o l’annata delle uve, nessuno specifica. Ma il sussurro è che del vino veneto sia finito fraudolentemente nelle botti toscane di Ornellaia.
Per chi non conoscesse, Ornellaia è un Supertuscan: un Bolgheri DOC Superiore (un tempo era Toscana IGT) integralmente prodotto all’origine e ottenuto dai vitigni internazionali tipici del bordolese (cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e petit verdot), dal costo che oscilla tra 250 e 450 €. ‘Integralmente prodotto’ significa che la cantina per questo vino usa solo uve di sua proprietà.
La cantina, di proprietà della famiglia Frescobaldi, uno dei nomi storici del vino italiano, produce anche altre due etichette, Le Serre Nuove e Le Volte dell’Ornellaia. Quest’ultimo vino è un Toscana IGT ottenuto da merlot, cabernet sauvignon e sangiovese, e in etichetta riporta: ‘Imbottigliato all’origine’. Se Ornellaia avesse usato qui il Sangiovese Toscana IGT comprato da Cantine Borghi non avrebbe commesso illeciti, poiché “la legge prevede che è possibile per un’azienda agricola designare ad esempio con l’espressione “imbottigliato all’origine dal viticoltore…” anche partite di vino Dop e Igp acquistati da terzi, purché sia assicurato che, dal punto di vista quantitativo, la produzione globale dell’azienda sia prevalente rispetto a quella delle citate partite acquistate da terzi”.
Casomai l’illecito paventato è a carico di Cantine Borghi, ma è tutto da dimostrare. Borghi ha acquistato partite di vino anche in Abruzzo, Sicilia, Puglia e Marche, e dichiarano che 1/4 dei vini nei loro serbatoi è di provenienza extra-regionale. Per la matematica, significa che 3/4 dei loro vini sono toscani, no? Non si capisce perché proprio a un cliente come Ornellaia debbano andare a spacciare per toscano del vino veneto, commettendo una frode ed avendo peraltro a maggior disposizione vino toscano. Ma queste sono dimostrazioni che lasciamo alle sedi competenti.
Altra cosa che sottolinea Report, invece di approfondire se e come Cantine Borghi spacciasse per toscano vino di altra provenienza, è come tante cantine toscane acquistassero vino da Cantine Borghi: Ornellaia come Cantine Cecchi, come Ricasoli, come Rocca delle Macìe, come perfino Tenuta San Guido: questi producono oltre al celebre Sassicaia, ‘integralmente prodotto’, anche il Guidalberto e Le Difese, entrambi ‘imbottigliati all’origine’. Mio commento alla questione: be’? È uno scandalo che delle cantine acquistino vino sfuso?
Report sottolinea come tutti i “responsabili” delle cantine abbiano dichiarato che ogni cantina produca i propri vini solo con le proprie uve. Un meraviglioso caso di “oh, però me l’ha detto lui, eh!”. Rovescia tutta la colpa di una non esatta comunicazione alle ultime ruote dei carri delle aziende: gli impiegati a contatto con il pubblico. Persone a cui viene detto dal capo, che ha un capo, che a sua volta ha un altro capo, che tutto il vino aziendale è fatto con le proprie uve, rispettando le fasi lunari, utilizzando il sovescio e nessun diserbo chimico in vigna, accarezzando le foglie di vite una ad una per fortificare i cloroplasti. Secondo voi, il primo giorno di lavoro questi poveracci vanno a chiedere al capo “oh, però mi fai vedere i registri contabili per capire se acquistiamo partite di vino sfuso, perché non vorrei dire inesattezze”? Quindi, caro Report, prima di addossare la responsabilità a chi lavora col pubblico, prendetevela magari con chi comanda e decide in queste cantine.
Cos’è il “Vino di Carta”
In ultima analisi, Report sfiora un interessante argomento andando ad intervistare una produttrice di vino del Chianti Classico. La produttrice in questione ha dichiarato che quasi tutti i produttori di Chianti, negli anni in cui la produzione è minore, fanno comunque figurare sulla carta anche i quintali di vino non prodotti per raggiungere il massimale decretato dal disciplinare di produzione. Questi quintali di “vino di carta” verrebbero poi comprati in nero da un commerciante connivente, pagandoli in nero e con tanto di camion cisterna che entra vuoto ed esce vuoto dalla cantina. Poi per rimpiazzare i quintali “di carta” mancanti, il commerciante connivente li compra di scarsa qualità da altre regioni, li “trasforma” in vino Dop e li vende alla cantina di cui sopra, la quale va ad unirli alla massa del proprio vino ed imbottiglia tutto come vino a Denominazione d’Origine.
Questo processo fraudolento sarebbe stato meritorio di una mezz’oretta di trasmissione. Invece gli sono stati dedicati solo 5 minuti scarsi, solo per dire “guardate che succede anche questo” ma senza approfondire.
Dunque Report con questa puntata intitolata “Vino su misura” non ha affatto smosso le fondamenta del vino, sollevando solo un po’ di polvere leggermente populista sul fatto che i vini di Bolgheri costino molto e che tante cantine comprino vino sfuso (tra l’altro pratica neanche Illegale fintanto che viene riportato in etichetta ‘imbottigliato all’origine’).
L’eventuale frode di Cantine Borghi, con il vino che diventa toscano solo perché è entrato in Toscana, e quella sui quintali di vino ‘di carta’ avrebbero invece meritato una più approfondita indagine. Una di quelle che dura tanto tempo, stuzzica qualche dirigente e riesce alla fine a carpire le frasi giuste. E invece, anche stavolta niente. Magari succederà nella prossima puntata, chissà.
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